di Edoardo Righini
Il conflitto tra Ucraina e Russia è di dolorosa attualità e sta sconvolgendo l’Europa (e tutto il mondo), la quale, non ancora uscita dalla pandemia, si trova a dover affrontare una crisi destinata a ridelineare i rapporti dentro e fuori il continente.
Al di là di ogni valutazione o analisi politica, economica e sociale, c’è un aspetto interessante da osservare: questa è la prima guerra che si combatte in Europa nell’era dei social network.
E, a suo modo, anche sui social network è scoppiata la guerra, che è diventata il tema principale di post, video e contenuti in genere.
Anche perché i social sono prima di tutto un canale di racconto e questo sta accadendo, attraverso la condivisione di informazione, volti, storie, sia ufficiali che non: del resto il funzionamento di queste piattaforme favorisce “l’inquadratura dal basso”, fatta da persone normali che per sfortuna si trovano a fare i reporter.
Twitter diventa luogo di aggiornamenti costanti, lanciati con le modalità di un’agenzia di stampa, Facebook è lo strumento preferito per organizzare raccolte di materiale da mandare alla popolazione occupata, persino Tik Tok viene utilizzato per riproporre video analisi della situazione attuale.
Ma inaspettatamente (forse neanche tanto) i social sono diventati anche una vera e propria arma in mano agli Stati coinvolti.
E su questo campo di battaglia è curioso vedere che i rapporti di forza si siano ribaltati: l’Ucraina ha, infatti, dimostrato una straordinaria capacità strategica nell’utilizzo di questi strumenti.
A partire dal presidente Zelenskyj che grazie anche al suo passato di attore impiega efficacemente le dirette Instagram e Facebook per mandare messaggi al mondo e influenzare l’opinione pubblica.
Ma anche il profilo Twitter ufficiale dell’Ucraina ha colpito la Russia, specialmente durante la fase di escalation, usando un linguaggio inaspettato, quello dei meme.
Si va dal fumetto in cui Hitler accarezza Putin, all’immagine che risponde all’affermazione del premier russo secondo cui l’Ucraina sarebbe un’invenzione dell’Urss, mostrando come in realtà, quando Kiev era già una città altamente urbanizzata al posto di Mosca ci fosse una foresta.
Dunque satira, tweet, smentite al vetriolo, contro una comunicazione che per grammatica somiglia pericolosamente a quella della guerra fredda.
Ovviamente questo è un aspetto marginale del conflitto e certamente non il più importante, ma comunque non trascurabile.
Innanzitutto perché testimonia il carattere di un popolo, mostra uno spirito non disposto a subire o a rassegnarsi all’aggressione. Anzi, contenuti del genere fanno morale, per quel che è possibile.
In secondo luogo, serve per dare un’immagine di sé al mondo, posizionandosi in modo molto chiaro, con una certa continuità rispetto alla sensibilità e alla comunicazione occidentale, decisamente abituata a questo tipo di linguaggio.
In pratica è un’altra via per creare un senso di vicinanza con gli utenti non ucraini, nel tentativo di dimostrare ancora una volta che anche un Paese all’apparenza così distante è incredibilmente vicino all’Europa. E si spera viceversa.
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