Scienza e tecnologia
12 Marzo 2022
Anche il mondo della rete si è mobilitato per il conflitto in Ucraina, a volte aiutando la popolazione, ma molto più spesso attaccando

Quando anche la rete combatte

di Redazione | 3 min

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di Edoardo Righini

In questi giorni drammatici di conflitto non solo i soggetti tradizionali si sono mobilitati prendendo una posizione di dura condanna attraverso sanzioni sempre più stringenti, ma anche il mondo dello sport professionistico, dello spettacolo e della cultura si sono mossi, con risultati non sempre entusiasmanti bisogna dire.

Ovviamente nel novero non è mancato il mondo della rete, che per definizione è il mondo “riflesso” rispetto a quello analogico.

Subito la rete è diventata il campo di battaglia di forti rappresaglie nei confronti della Russia, che negli anni precedenti ha mostrato di saper impiegare il web meglio degli altri come strumento di aggressione, ma che in questo caso è sembrata accusare particolarmente le aggressioni digitali.

Chi di web ferisce di rete perisce, verrebbe da dire, in un contrappasso beffardo, che avrebbe anche dell’ironia se la situazione non fosse grave come è.

Come nelle migliori operazioni militari, le azioni sono state rapide, efficaci e a tenaglia.

Ha cominciato Anonymous, il gruppo di hacker più famoso del mondo, che col passare dei giorni ha reso irraggiungibili più di 300 siti legati al governo, alle banche e ai media russi.

Per non parlare delle fughe di informazioni legate all’intelligence e all’esercito russi, che sono state rese visibili e distribuite alla popolazione ucraina, per poter anticipare le mosse dei prossimi giorni.

Neppure la Bielorussia, paese satellite della Russia, è stata risparmiata: in breve tempo sono stati attaccati e bloccati molti siti bancari insieme a quelli del ministero delle Comunicazioni e dell’Informatizzazione, dell’Autorità Statale per l’industria militare e del ministero della Difesa.

A questo poi si sono aggiunti anche i social, in particolare quelli dell’ecosistema Meta, cioè Instagram e Facebook.

Con un’operazione mirata, le due piattaforme hanno disattivato una serie di account, pagine e gruppi che stavano diffondendo fake news, presentandosi come fonti di informazione indipendenti.

Del resto, da tempo Meta si propone di contrastare il più possibile la disinformazione e la proliferazione di notizie false sulla rete: con questa operazione si capisce che gli scudi si sono alzati per evitare aggressioni propagandistiche a suon di post.

Persino Google Maps è diventato cruciale in queste ore per il popolo ucraino: fornendo informazioni geografiche aggiornate in modo costante, ha permesso ai civili di sapere quali strade fossero interrotte, quali servizi di spostamento fossero disponibili e quali vie impiegare per ridurre i tempi di percorrenza.

Contestualmente i social si sono mobilitati per organizzare raccolti di vestiti, alimentari e medicine in tutta Europa, rendendo più efficace ed efficiente una collaborazione umanitaria “dal basso”.

Addirittura molte modelle del sito Onlyfans – la piattaforma di creator famosa per la condivisione di contenuti amatoriali per adulti a pagamento – hanno offerto dai propri profili la realizzazione di “materiale premium” per ogni soldato russo che deciderà di deporre le armi.

Con lo stesso tempismo, anche la piattaforma Pornhub ha sospeso la visione di tutti i suoi video sul territorio russo, facendo apparire al loro posto un messaggio di sostegno alla popolazione ucraina.

Aiuti questi ultimi senza dubbio inaspettati, ma che raccontano di una mobilitazione compatta e immediata della rete, che ha dato il suo contributo come ha potuto, meglio che ha potuto.

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