Può apparire paradossale, ma furono proprio le trasformazioni indotte da una guerra lunga e sanguinosa a costituire una tappa importante nel processo di emancipazione femminile.
Con la prima guerra mondiale per la prima volta si ricorre in modo massiccio, sulla spinta di una drammatica necessità, all’impiego di manodopera femminile in ogni settore, produttivo e non. Per larga parte sono donne che lasciano per la prima volta l’ambiente domestico mandate a ricoprire ruoli del tutto nuovi, dando subito prova di essere in grado di ottenere risultati inaspettati anche se destinate spesso a lavori pesanti e usuranti, dimostrando di poter resistere a turni massacranti senza godere di particolari riguardi e agevolazioni. Ma non lavorano soltanto nelle retrovie, il loro prezioso contributo tocca da vicino anche il conflitto. Guidano le ambulanze, assistono i feriti durante il ricovero ospedaliero, e ben presto vengono chiamate a supportare i medici che operano negli ospedali da campo a ridosso delle linee di combattimento.
Sembrò che quello che non era riuscito alle suffragette in tanti anni di lotte politiche, si potesse conseguire attraverso il riconoscimento della validità e della potenzialità del lavoro femminile. In realtà non fu così. Quelli che erano apparsi come concreti cambiamenti nella speranza di durature conquiste per un futuro migliore, con la fine della guerra svanirono ben presto come ingannevoli miraggi.
Ricomincia per le donne un ancor lungo e difficile cammino per la conquista di quei diritti che oggi diamo per scontati. E sarà ancora la tragedia di una guerra a mettere alla prova la loro grande determinazione, la loro forte volontà di protagonismo di fronte agli orrori di un conflitto che entra prepotentemente tra le popolazioni civili, con i bombardamenti, le persecuzioni, le stragi. L’essersi messe direttamente in gioco, rischiando spesso anche la propria vita, fa maturare un nuovo sentimento di autostima cresciuto nella consapevolezza di essere in grado di far fronte alle sfide più difficili come individui liberi e responsabili.
Quella via all’autodeterminazione che avrebbe finalmente sancito, con il ritorno della pace, il loro sacrosanto diritto ad essere riconosciute “CITTADINE” a pieno titolo.
Fiorenza Bignozzi – Ande (Associazione Nazionale Donne Elettrici)