Attualità
12 Febbraio 2022
Tornano a essere oggetto di studio con la seconda fase del progetto ReLacus avviato nel 2019 dall’Università di Ferrara

Unife porta alla luce gli insediamenti preistorici dei laghi trevigiani di San Giorgio e Santa Maria

di Redazione | 2 min

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Ursula Thun Hohenstein

Tranquilli specchi d’acqua che bagnano la provincia di Treviso, ma anche preziose testimonianze di insediamenti preistorici e protostorici dell’Italia nord-orientale, scoperti all’inizio del secolo scorso. Ora, dopo oltre trent’anni dall’interruzione delle ricerche nell’area, i laghi di San Giorgio e Santa Maria, tra i Comuni di Revine Lago e Tarzo, tornano a essere oggetto di studio, con la seconda fase del progetto ReLacus avviato nel 2019 dall’Università di Ferrara.

“Nelle precedenti fasi di scavo sono stati ritrovati reperti che dimostrano la presenza di insediamenti umani preistorici nell’area. Tavolati lignei, palificazioni verticali e manufatti archeologici suggerivano che l’area fosse stata interessata dalla presenza di un villaggio su bonifica, risalente al tardo Neolitico e agli inizi dell’età del Rame (IV-III millennio a.C.), con una sporadica frequentazione durante l’antica età del Bronzo (XVIII secolo a.C.)” racconta Ursula Thun Hohenstein, professoressa della Sezione di Scienze preistoriche e antropologiche di Unife e responsabile scientifica del progetto.

Con la nuova campagna di scavi, che inizierà a marzo, le ricercatrici e i ricercatori di Unife apriranno finalmente una nuova fase di ricerca per tutelare e valorizzare l’importante patrimonio storico e paesaggistico dell’area.

Spiega la direttrice degli scavi, dottoressa Marta Modolo, archeozoologa del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara e ricercatrice Marie-Curie:

“In questa nuova fase di ricerche archeologiche cercheremo di comprendere se la zona fosse stata abitata da un’unica comunità o più gruppi, interpretando lo sfruttamento del territorio attorno ai laghi. Partiremo con indagini geofisiche non invasive, per una mappatura veloce della zona e l’individuazione di possibili aree di concentrazione di reperti e materiali. Procederemo poi con i carotaggi manuali, ovvero raccolte di campioni di sedimento per analisi sedimentologiche. Sulla base delle evidenze archeologiche, si procederà a partire da maggio 2022 alla realizzazione di saggi stratigrafici, gli scavi veri e propri, secondo la prassi prevista per i depositi di tipo umido-lacustre. Con queste fasi di indagine archeologiche ci aspettiamo di trovare nuovi punti di insediamento umano in queste aree, come ad esempio resti di palafitte e sepolture per delineare l’estensione dell’abitato”.

L’intervento è nato dalla sinergia tra il gruppo di ricerca ferrarese, le istituzioni territoriali e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Βelluno, Padova e Treviso: “L’obiettivo ultimo è instaurare una collaborazione che garantisca la visibilità storico-archeologica del luogo, permettendo di portare alla luce le tracce del passato e rendere tali scoperte un valore unico per tutti” sottolinea e conclude la professoressa Thun.

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