Attualità
3 Febbraio 2022
L'ex deportata ha raccontato le battaglie per affermare la sua identità. Ora ci sarà la richiesta della medaglia d’onore per i cittadini internati nei lager nazisti

“Ho visto persone ancora vive buttate nei forni”. Lucy Salani commuove la Sala Estense

di Redazione | 3 min

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di Martina De Tiberis

Lucy Salani, nella serata di martedì, durante la presentazione del film “C’è un soffio di vita soltanto”, ha raccontato le sue molteplici vite: prima soldato, poi disertore, prigioniero ed infine libera di esprimere la sua identità.

“Cerchiamo di vivere in pace tra noi stessi; impariamo dagli errori del passato” – ha incoraggiato la platea.

Non è stato facile per Lucy, all’anagrafe Luciano Salani, fare coming out: “Quando mi mandarono a fare il soldato, durante le visite, dissi immediatamente che ero omosessuale. Nessuno mi credette”, ha affermato Lucy, durante la presentazione del film “C’è un soffio di vita soltanto”, diretto dai registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini.

Il documentario racconta la vita di questa donna di 97 anni, ancora capace di commuovere con la sua lucidità e la sua forza. Le prime immagini del lungometraggio mostrano la protagonista mentre apre una lettera. Arriva dalla Germania. È il Comitato delle celebrazioni di Dachau che scrive. Chiedono la sua presenza in occasione del 75° anniversario della liberazione del campo di concentramento dove ha rischiato di morire.

“Dopo che il generale Kesserling mi diede la grazia, poiché ero stata accusata di essere un disertore dell’esercito tedesco – ha riferito Lucy alla platea – andai in un campo di lavoro a Bernau. Lì, insieme ad un mio compagno, attaccandoci sotto ad un treno, tentammo la fuga: sbagliammo direzione recandoci verso Berlino. Il mio amico fu fucilato, io deportata nel campo di concentramento di Dachau. Un’esperienza orrenda. Lì ho scorto l’essere umano atteggiarsi a Dio”.

“Ho visto persone ancora vive buttate nei forni crematori – ha continuato Lucy -; io avevo il compito di mettere delle targhette numerate sui cadaveri. Durante la liberazione dal campo di concentramento, dopo esser stata colpita ad una gamba, mi sono ritrovata in un lazzeretto con gli americani. Son fuggita anche di lì arrivando a casa dei miei genitori. Tutto quello che ho subito non lo dimenticherò mai”.

itata per la sua sessualità in diverse occasioni: dalla sua famiglia, da un prete, durante la leva militare. È una persona che per un secolo intero ha lottato per affermare la propria identità”.

“Noi vogliamo ricordare quei cinquantamila morti, non in quanto omosessuali, bensì come i dieci milioni di persone che nel campo hanno perso la vita e vogliamo farlo anche con la testimonianza di Lucy” è intervenuta Manuela Macario, rappresentante di Arcigay Ferrara, offrendo al pubblico una piacevole novità: “Con nostro grandissimo orgoglio, proprio oggi, Lucy ha deciso di richiedere la medaglia d’onore per i cittadini deportati ed internati nei lager nazisti”.

Lucy resta una delle poche testimonianze del Novecento dell’orrore che è accaduto nei lager di sterminio; tuttavia, non si è mai lasciata trasportare dalla vendetta: “Cerchiamo di vivere in pace tra noi stessi; impariamo dagli errori del passato” – ha concluso tra applausi e commozione generale.

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