Scienza e tecnologia
14 Febbraio 2022
Ovvero come basti una “spinta gentile” per influenzare le nostre scelte

La censura che non si vede: architettura delle scelte ai tempi dei social

di Redazione | 3 min

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di Edoardo Righini

Partiamo da una storiella innocente. Un giorno, una caffetteria, preoccupata per l’eccessivo consumo da parte degli studenti di merendine confezionate, notoriamente ricche di zucchero e conservanti, decide di spostarle, mettendole in una posizione arretrata rispetto a delle alternative molto più sane.

Dopo di che, lascia la libertà alle persone di scegliere cosa acquistare.

Non elimina nessun prodotto, del resto non gli converrebbe: toglierlo dal bancone vorrebbe dire perdere una possibile fonte di ricavo e dunque una parte dei clienti.

La cosa curiosa è che, con il tempo, il comportamento degli studenti effettivamente si modifica: molti di più preferiscono spontaneamente un frutto ad una brioche confezionata.

Quello appena descritta è un esempio pratico della cosiddetta teoria del nudge, ovvero del pungolo, la quale sostiene che “sostegni positivi e suggerimenti o aiuti indiretti possono influenzare i motivi e gli incentivi che fanno parte del processo di decisione di gruppi e individui, almeno con la stessa efficacia di istruzioni dirette, legislazione o adempimento forzato” (Wikipedia).

Questa teoria nata nel campo della economia comportamentale e della filosofia politica è stata sviluppata dal premio nobel Richard Thaler il quale ha sottolineato come “l’architettura delle scelte” può essere uno strumento per influenzare gli esseri umani senza bisogno di imporre loro nessun tipo di comportamento e spingerli così ad adottare comportamenti virtuosi sul piano economico e sociale.

Tutto questo dimostra che ogni individuo è sensibile a ciò che ha intorno ed è proprio sulla base di ciò che ha intorno che costruisce una personale percezione della realtà che ne influenza determinati comportamenti.

Tutto questo cosa c’entra con la censura? Niente apparentemente.

Se non fosse che recentemente Facebook, sulla scia delle velenose elezioni americane appena passate, ha fatto sapere che modificherà i propri algoritmi in modo da individuare le possibili fake news e rallentarle.

Non eliminandole, dunque, ma semplicemente rendendole meno visibili, dandogli meno possibilità di emergere lungo il feed degli utenti, intervenendo su uno degli aspetti più pericolosi delle bufale online, ovvero la loro viralità.

Spesso, infatti, una fake news fa in tempo a “contagiare” centinaia di migliaia di persone prima di venire individuata e smentita.

A ben vedere, dunque, lo scopo di Facebook è più che nobile e anzi punta a rendere la rete un posto più sicuro per tutti gli utenti.

Tuttavia, questa strategia dichiarata dal colosso americano mostra un risvolto preoccupante del mondo dei social.

Se è vero che con specifici algoritmi Facebook è in grado di “rallentare” un contenuto, non facendolo arrivare agli utenti, possiamo solo immaginare quanto la piattaforma possa essere in grado di influenzare il comportamento delle persone.

E senza neanche dover eliminare o nascondere nulla, semplicemente ponendo certe notizie o determinate dichiarazioni in secondo piano, su uno “scaffale più alto” dove la nostra attenzione non arriva.

Ma si può parlare in questo caso di censura?

Per le fake news sicuramente no, ma per altri contenuti?

In definitiva non vengono eliminati o vietati, soltanto depotenziati, in modo tale che non raggiungano tanti utenti come invece magari farebbero.

Solo che sta tutto qui il problema: la censura classica, l’eliminazione o la sospensione di un contenuto è grossolana e spesso l’assenza salta all’occhio molto più della presenza; un intervento come quello sopradescritto, che alterna sovraesposizione e sottoesposizione, è invece molto più “discreto” e meno rilevabile dall’utente.

E se ciò è accettabile quando si punta ad eliminare le fake news, chi può assicurarci che questo non accada anche in altri casi, magari delicati come un’elezione o una manifestazione politica, la cui percezione può essere modificata semplicemente attraverso qualche pungolo?

Attenzione, non si vuole assolutamente alimentare i complottismi o dietrologie, tuttavia queste sono questioni rilevanti, che devono essere affrontate soprattutto perché molti dei soggetti in gioco sono privati e pertanto non seguono le logiche e le procedure delle istituzioni pubbliche che ne assicurano la trasparenza.

In conclusione, per dirla con Giovenale: chi controllerà i controllori stessi?

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