Da alcuni mesi procede il percorso di sperimentazione dell'infermiere di famiglia e comunità in città. Colombi (Ausl): "L'obiettivo è avere una figura che entri nei quartieri e nelle famiglie"
L’Ausl più vicina ai ferraresi con le sue “sentinelle” della salute
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Ambulatorio via Cassoli
Da alcuni mesi, anche la provincia di Ferrara ha avviato il percorso di sperimentazione per avere le proprie “sentinelle“. È così che Marika Colombi, responsabile della direzione infermieristica Ausl, definisce il nuovo ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità, ossia un innovativo “modello assistenziale che si sta implementando nel distretto Centro-Nord, e in particolare in città”.
Attualmente, l’Azienda Usl ha arruolato otto infermieri e attivato quattro sedi ambulatoriali, distribuite tra la Cittadella San Rocco, la struttura sanitaria di via Gandini, l’ambulatorio di via Cassoli e la Casa della Salute di Pontelagoscuro, a cui si aggiunge in integrazione la sede di Barco a giorni alterni, attive dal lunedì al venerdì in un orario variabile tra le 8.30 e le 18.30, mentre il sabato solamente alla mattina.
Questa disposizione permette “di raggiungereoltre il 50% della popolazione cittadina” spiega Colombi, “pur sapendo che lo standard a cui dobbiamo attendere è di un infermiere ogni circa 2.500 abitanti, che già ci fornisce la dimensione della funzione importante di questa figura, che deve entrare nei quartieri, nelle famiglie ma soprattutto nelle comunità, e per questo deve avere un ambito di azione legato alla territorialità e a un nucleo di cittadini circoscritto“.
Diverse le modalità con cui le “sentinelle” vengono allertate, come nel caso di un percorso di dimissioni di un paziente dall’ospedale o per le segnalazioni di un’eventuale problematica da parte uno specialista, fino alla loro attivazione in contesti socio-sanitari come strutture sociali o scuole. Inoltre, l’obiettivo è tessere relazioni anche con farmacie, parrocchie e i diversi attori sociali sul territorio di riferimento.
“Gli infermieri di famiglia e di comunità – aggiunge poi la responsabile – intercettano le problematiche e le orientano in percorsi di cura e prevenzione, costituendo uno snodo all’interno della rete delle cure territoriali, articolandosi con la medicina generale, la pediatria di libera scelta o con gli specialisti ospedalieri. Un vero e proprio anello mancante che dovrà garantire la risposta di prossimità anche in contesti diversi da quelli cittadini”.
“Questa nuova figura – precisa Colombi – non si sostituisce, masi integra, all’infermiere dell’assistenza domiciliare, che ha un percorso di attivazione in cui c’è un inizio, una presa in carico e solitamente una conclusione, e si occupa di elementi legati ad alcune attività prestazionalicome le medicazioni, i prelievi ematici o il controllo di alcuni dispositivi medici“.
A tal proposito, conclude, l’infermiere di famiglia e comunità “collabora nella gestione di casi complessi, ma garantisce alla comunità e all’utenza dei percorsi legati all’orientamento nei servizi sanitari e socio-sanitari, educando e informando rispetto all’aderenza terapeutica fino a percorsi di promozione della salute ancora prima della problematica cronica“.
La sperimentazione durerà tre mesi. Dopodiché, dal momento che il progetto è inserito in un protocollodi ricerca approvato dal comitato etico di Area Vasta Emilia Centro, i dati raccolti verranno analizzati per strutturare la contestualizzazione del programma in altri territori provinciali, già esteso ai distretti Sud-Est e Ovest in queste ultime settimane.
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