Si può davvero e serenamente elidere dalla figura e dal peso storico di Italo Balbo il suo essere stato un prominente gerarca fascista? Vittorio Sgarbi, presidente di Ferrara Arte, da tempo mostra di pensare che sì, si può e si deve. Lo ha ribadito anche nella conferenza stampa di ieri (29 dicembre) in cui ha riproposto la mostra su Balbo a Palazzo Koch: “Non va valutato come fascista – ha detto – ma come personaggio che ha rappresentato un’idea dell’Italia”. D’altronde “ebbe la prima copertina del Time, fu ricevuto da Roosevelt”.
Eppure sembra difficile sganciare il Balbo pioniere dell’aria dal Balbo fascista e violento “Ras” nel Ferrarese. Lo stesso attraversamento dell’Atlantico fu una manna per la propaganda del regime e, a dirla tutta, gli elogi ricevuti al tempo negli Stati Uniti forse non bastano a giustificarne una ‘neutralità’ nel giudizio: a quel tempo i rapporti con l’Italia fascista erano più che buoni.
Difficile che, così impostata, quella mostra risulti davvero “non polemica” come predica Sgarbi chissà se ingenuamente o con provocatoria malizia. Slegare Balbo dal fascismo per celebrarne solo la “grandezza” avrebbe uno sgradevole sapore agiografico e non è un caso che già quando venne inizialmente avanzata la proposta di una mostra (e addirittura di una via), era ottobre del 2020, si sollevarono delle aspre polemiche, politiche prima di tutto, con l’opposizione sulle barricate (certo, dimentichi che nel 2000 fu quella parte a inaugurare via dei trasvolatori atlantici). Ci fu anche una petizione lanciata da Italia Viva.
Ma anche l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara dovette in qualche modo mettere un punto fermo: il proprio percorso di studi e progetti dedicati alla figura di Balbo “senza alcuna indulgenza e cedimento all’agiografia”, lungo ormai decenni e arricchito con le fonti del lascito della famiglia del gerarca, nulla ha e aveva e ha a che fare con la proposta di Sgarbi.
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