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“70 anni dopo. La Grande Alluvione”, mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, curata da Francesco Jori con Alessia Vedova e Sergio Campagnolo (in Palazzo Roncale dal 23 ottobre al 31 gennaio) è il racconto di un corale e colossale atto di orgoglio e della capacità di riscatto di quella che era definita la “Mesopotamia d’Italia”.
“La storia del Polesine è racconto di secolari e pesanti ingiustizie, con la forbice drammatica aperta tra un latifondo monopolista e decine di migliaia di persone condannate a una stentata sopravvivenza. Ma non per questo rassegnate: nel Risorgimento è Fratta Polesine a diventare uno dei poli dei moti carbonari; la trama di fine Ottocento è caratterizzata da straordinarie azioni sindacali; e anche dopo, con l’avvento del fascismo, è una figura polesana come Giacomo Matteotti a opporsi in modo indomito alla dittatura, pagando l’opposizione con la vita. Non solo protagonisti di primo piano, tuttavia: la Storia è fatta anche da milioni di persone senza storia, che ogni giorno ripartono con coraggio e tenacia superando ogni difficoltà. I polesani l’hanno fatto da ben prima dell’alluvione del 1951, hanno continuato a farlo durante, e hanno perseverato anche dopo. Come questa mostra si propone di raccontare”, afferma il curatore Francesco Jori. Distanziandosi, pur nel rispetto per il ricordo, da tutte le precedenti rievocazioni.
Puntualmente, infatti, da quel 14 novembre 1951, ogni decennale della Grande Alluvione è stato ricordato, riproposto, rivisitato. Sono state rievocate circostanze e testimonianze, sono state indagate le cause, sono state ricostruite le azioni di soccorso intraprese a favore della popolazione, e quelle di riparazione degli ingenti danni provocati dall’acqua. Ogni volta con approfondimenti di assoluto rilievo, che hanno consentito di fare sempre più chiarezza nelle dimensioni e nella portata della catastrofe.
“Questa mostra si propone – anticipa Jori – un obiettivo diverso, se si vuole più ambizioso: inserire l’evento del ’51 in una cornice storica di ampia portata, che ricostruisca la storia di questa terra e la sua straordinaria capacità di resilienza, fino ad approdare da alcuni anni a una situazione di relativo benessere che la equipara alla media del Veneto, una delle regioni più avanzate d’Italia sia pure in tempi di crisi”.
“Già le prime cronache di chi arriva da fuori per raccontare la tragedia parlano della straordinaria capacità di resistenza delle persone coinvolte, a tutti i livelli; ed è emblematico che una ricostruzione, originariamente prevista sull’arco di un paio d’anni, sia stata completata in soli sei mesi. Ma la ripartenza non si è esaurita nel medicare le ferite e ricucire gli strappi: da lì, progressivamente, si è messa in moto la rinascita di un Polesine deciso a non farsi più condizionare dalla natura; e che oggi sta trovando una sua via originale di sviluppo, ritagliandosi un ruolo specifico nel contesto veneto e nazionale. Uno sforzo premiato anche dalle statistiche: in avvio del terzo millennio, gli indicatori economici hanno documentato l’allineamento del rodigino alla modernità”.
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