Lo sviluppo della tecnologia fa si che affidiamo pensieri ed emozioni alla rete sociale, a volte senza riflettere sul carattere delle emozioni stesse. D’altra parte, in una società dove tutti vogliamo apparire buoni e accoglienti viene legittimato il linciaggio mediatico, rendendo entrambe le fasi disumanizzate. É quanto accaduto al Prof. Gargioni, ormai noto alle cronache nazionali. Gargioni, secondo me, ha sbagliato ad utilizzare una provocazione inaccettabile e del tutto inopportuna perchè nessuna tragedia può essere utilizzata, neppure in maniera provocatoria, per esprimere le proprie opinioni, né capisco il senso di associare proprio il nazismo a forme di discriminazione. Ciò detto, mi sembra che solo un individuo folle o in patente malafede possa attribuire a Gargioni l’intenzione di voler offendere le vittime dei campi di sterminio.
Non mi risultano denunce a carico di Gargioni: ciò significa che nessuno, allo stato dei fatti, lo accusa di un reato. Nel caso, i giudici – e non la piazza mediatica – dovranno stabilire se il suo comportamento ha avuto rilevanza penale. Per le infrazioni disciplinari, esistono procedure ben precise, a tutela dei lavoratori, valgono per tutti (Gargioni compreso).
Il Pd ferrarese, in una lettera indirizzata a Patrizio Bianchi, afferma che “la scuola pubblica deve essere difesa da certi elementi”.
Gargioni non è più una persona: è diventato un “elemento”. Complimenti per il “democratico” rispetto nei confronti di un lavoratore incensurato, pubblico dipendente nel mondo della scuola.
Se parliamo di “elementi”, ritengo che il mondo dell’istruzione debba essere difeso anche da docenti che definiscono la Giornata del Ricordo delle foibe una “falsificazione storica” o da chi usò parole pesantemente discriminatorie nei confronti dei veneti, colpevoli di votare in maggioranza per il centro-destra. Che dire di Gandolfo Dominici, docente universitario di Palermo? Dopo aver firmato una lettera con 36 colleghi europei contro il “green pass” all’università, pubblicò la foto simbolo dell’Olocausto di Auschwitz con la scritta: “Il vaccino rende liberi”. In quel caso non abbiamo assistito al sollevamento generale. Come mai, invece, tanta attenzione al “caso Gargioni”? Forse i precedenti incarichi politici di Gargioni danno fastidio a chi è ben lieto di coglierlo in fallo per crocifiggerlo?
Vedremo quale conclusione avrà il “caso Gargioni”, ma ritengo che spetti alle istituzioni trarre le dovute conclusioni e non alla ghigliottina mediatica, prima che l’accusato possa difendersi.
Alcide Mosso, consigliere gruppo Lega Ferrara