“Non mi è sembrato nemmeno di essere nella mia città. Aver paura di girare per strada, in pieno centro. Sentirsi così impotenti di fronte a tanta violenza…”. Francesco Cavallini, 34 anni, giovane imprenditore e dirigente di Cna, è la vittima della feroce aggressione di sabato notte.
Una banda di ventenni lo ha accerchiato e massacrato di botte attorno alle 2 di notte in via Coramari, quando stava rientrando a casa dopo una serata con amici.
Ieri mattina Cavallini ha depositato la denuncia, al momento rubricata come ‘contro ignoti’. A corredo ha presentato anche il referto medico del pronto soccorso, che parla di 7 giorni di prognosi per un’incrinatura a una costola e contusioni varie.
“Mi è andata bene – confida a Estense.com -. Non ho rimediato il volto gonfio né mi hanno procurato delle fratture agli arti. Se ci fosse stata un’altra persona al mio posto, magari con una stazza diversa, non so come poteva finire. Oppure se fossi stato accompagnato da una ragazza o da dei bambini…”.
A proteggere da conseguenze peggiori Cavallini è stata anche la sua corporatura alta e robusta di ex giocatore di rugby, ora allenatore. E in risse non è mai stato coinvolto in vita sua, “se non sul campo di gioco: “ripeto, sono stato fortunato, anche se non ho ben capito ancora il motivo dell’aggressione. Non riesco a darmi una spiegazione per tutta quella violenza e quell’odio immotivato”.
All’inizio Francesco aveva pensato a uno scambio di persona, “ma poi mi sono ricordato che mi hanno urlato «infame! Sei stato tu a chiamare la Polizia!»”. Poco prima infatti si era verificata nella vicina via Savonarola una rissa tra due gruppi di giovani, alcuni dei quali erano stati individuati e identificati dalla Polizia, tutti di età tra i 22 e i 24 anni.
“La via è stretta e buia, non c’è una gran visibilità – riprende il 34enne -. Erano giovani, erano tanti, in quindici direi. Tra loro una ragazza. Se li vedessi in foto alcuni di loro li potrei riconoscere”.
Ad rimanere impressi nella memoria della vittima sono i pochi secondi in cui si è visto raggiungere e accerchiare dalla banda. Anche perché dopo “ricordo un calcio fortissimo alla gamba, poi pugni da tutte le parti. Non ho fatto in tempo a chiudere gli occhi che li avevo tutti addosso. Non ho fatto in tempo a riaprirli che erano già fuggiti. Sembravano ‘esperti’, come abituati a questo tipo di raid”.
Appena sono andati via, non prima di avergli sputato addosso in segno di sfregio, “mi sono toccato il naso per capire se fosse rotto. Poi mi sono rimesso in piedi appoggiato al muro e ho chiamato la Polizia. Sono arrivati in trenta secondi Hanno perlustrato immediatamente la zona per vedere se gli aggressori fossero ancora nei paraggi”. Ma gli aggressori erano scomparsi.
“Quando leggi sui giornali o vedi in televisione episodi del genere pensi all’aggressione in sé, non alle sue conseguenze. A me è andata bene”.
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