Vigarano
23 Settembre 2021
Secondo la procura avrebbe intascato una tangente per evitare all'impresa che gestisce l'impianto di biogas di pagare il rifacimento di via Frattina. Indagine nata da un esposto dell'ex compagno e poi c'è uno strano appunto scritto a mano

“Dolce per Paron”. L’ex sindaca di Vigarano accusata di corruzione

di Daniele Oppo | 4 min

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“Dolce x Paron x € 5… trovare una soluzione… no speculazione elettorale”. È un appunto trovato dalla Guardia di Finanza tra le carte del titolare di un’azienda e che ha fatto finire nei guai Barbara Paron, ex sindaca di Vigarano Mainarda ed ex presidente della provincia di Ferrara, oggi imputata per corruzione.

Quel dolce, infatti, sarebbe nient’altro che una tangente da 5mila euro – ma si ipotizza anche del doppio – ricevuta da Paron in una busta consegnatale direttamente da Parid Cara, titolare dell’impianto di biogas di Vigarano Mainarda.

Secondo il pm Ciro Alberto Savino, verso fine maggio 2016 Paron (che è difesa dall’avvocato Denis Lovison) si sarebbe fatta pagare concedendo in cambio lo slittamento dell’onere per l’impresa di effettuare i lavori di manutenzione sia ordinaria che straordinaria e poi di consolidamento della malandata via Frattina, che pure avrebbero dovuto esser eseguiti come condizione per l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

Quei lavori vennero eseguiti, almeno in parte, dal Comune senza però che l’amministrazione si rivalesse successivamente sull’impresa. E qui per la procura c’è un altro indizio a carico di Paron: accentrò su di se la pratica amministrativa, in ipotesi, proprio per fare in modo che l’imprenditore non pagasse.

Così, con una cifra tra i 5 e i 10mila euro, Cara avrebbe così risparmiato un esborso stimato dalla procura in ben 292.500 euro, circa 90mila euro di sola manutenzione.

Mercoledì mattina, davanti al gup Vartan Giacomelli, si sarebbe dovuto tenere il primo appuntamento dell’udienza preliminare, ma tutto è stato rinviato a marzo: l’impresa sta valutando se poter preliminarmente raggiungere un accordo con il Comune per un risarcimento per i lavori di ripristino fatti eseguire nel frattempo dall’amministrazione.

Imputati con Paron ci sono ovviamente l’imprenditore (difeso dagli avvocati Giuliano Onorati e Lorenzo Valgimigli) nelle vesti del presunto corruttore e poi sua moglie – Lorenza Benati (difesa dagli avvocati Simone Bianchi ed Enrico Ferri) – che è accusata di favoreggiamento: per la procura quell’appunto fu lei a scriverlo, ma ha negato, attribuendolo a una dipendente (che però lo ha disconosciuto), ma una doppia consulenza grafologica la smentisce, per cui avrebbe raccontato il falso (ma una consulenza di parte dice il contrario).

Sull’effettivo significato di almeno una parte di quell’appunto, peraltro, permangono dei dubbi perché non è chiaro se reciti €5 oppure se il simbolo dell’euro sia un asterisco.

A carico di Paron non c’è però solo quell’appunto e il fatto che abbia accentrato su di se la pratica amministrativa. C’è soprattutto una testimonianza pesante, che ha dato il la a tutta l’inchiesta, quella dell’ex compagno della Paron: è stato lui a riferire alle fiamme gialle di aver visto la consegna della busta in casa, stimando che contenesse una somma in contanti tra i 5 e i 10mila euro.

Ci sono poi versioni che appaiono discordanti. L’ex sindaca nega di aver ricevuto dei soldi da Cara, lui ha raccontato agli inquirenti che l’ex sindaca gli disse di portarli al partito. Quindi non vi è stata la consegna? Per gli inquirenti la risposta potrebbe essere contenuta in una chat WhatsApp tra Paron e l’ex compagno in cui, durante un litigio, si farebbe esplicito riferimento proprio alla consegna di quella busta in casa Paron e che la stessa, anziché negare, giustificherebbe con l’ex coniuge come un contributo elettorale.

In ogni caso, di questo accredito fatto da Paron o da Cara, non vi è traccia nei conti del Partito Democratico: nessuno ha visto un euro, come non li ha visti Italia Viva, il partito in cui si è poi trasferita l’ex presidente della Provincia.

“La mia cliente – commenta l’avvocato Lovison, difensore di Paron – è fiduciosa in quello che sarà l’esito del procedimento e aspetta che la giustizia verifichi la sua totale estraneità ai fatti contestati. Ha sempre agito nell’interesse della collettività che rappresentava e per la quale si è sempre spesa con impegno e dedizione”.

Una storia nebulosa, da chiarire, che ha anche risvolti molto personali che però non possono essere taciuti: per la difesa di Paron quell’esposto è l’apice di un’attività persecutoria per la quale l’ex compagno (padre dell’ultimo figlio che lei ha avuto) è effettivamente stato rinviato a giudizio. Dall’altra parte è l’allora compagno a sostenere che l’accusa di stalking nasca proprio per screditare quella denuncia: “Una volta preso atto dell’esposto del compagno – afferma l’avvocato Gian Luigi Pieraccini, che assiste l’uomo – Paron ha avuto l’ardire di denunciare lo stesso per atti persecutori, in modo da indebolirne la credibilità. Poi anche lui la ha denunciata per stalking a testimonianza di una situazione familiare molto complicata”.

*questo articolo è stato corretto nella parte in cui conteneva un errato riferimento all’ex marito della signora Paron, si tratta invece dell’ex compagno. Ci scusiamo con gli interessati e con i lettori

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