UN Photo/Sebastian Rich (CC BY-NC-ND 2.0)
di Udi Ferrara
Questi nostri giorni sono stati devastati non solo dalla canicola e dalle tragiche conseguenze ambientali, ma anche dalla immane tragedia che sta colpendo la popolazione afghana e soprattutto le sue donne e ragazze. Una tragedia che avevamo profeticamente annunciato fin dalla notizia del ritiro dell’esercito americano.
Uno dei finti obiettivi di quella missione era, infatti, di liberare le donne dal regime talebano che le rendeva invisibili non solo per l’uso del burka ma anche socialmente.
Ora riconsegnando il Paese nuovamente all’Emirato talebano, con un colpo di spugna viene cancellata la possibilità di studiare, di esprimere creatività artistica e musicale, di dedicarsi allo sport, di poter lavorare, di poter votare e partecipare alla vita politica… Per noi ovvietà, per loro vere conquiste!
Donne, ragazze e bambine sono state dichiarate “bottino di guerra”. I bottini di guerra sono sempre stati usati per i piaceri dei vincitori. I bottini non hanno diritti.
Questo sarà il primo e brutale rischio delle afghane che saranno punite per aver pensato e creduto in una società civile e paritaria. Dovranno nascondersi, dovranno fingere di non aver studiato, di non amare la musica, il cinema… di rinunciare al lavoro e uscire solo se accompagnate da un maschio della famiglia! E chi non ce l’ha perché vedova o orfana o per scelta? Temiamo che la coercizione si spinga oltre ogni limite.
Ci sembra di vivere un brutto sogno. Una storia che si sta ripetendo e che già 20/ 30 anni fa avevamo denunciato e combattuto. Tutte siamo sgomente di fronte a uno scenario già visto, massima espressione del dominio patriarcale.
In queste ore, incredule degli errori dei Governi che per 20 anni hanno “occupato” quei territori senza costruire sicurezza per il futuro, siamo confuse ma desiderose di impegnarci a salvare più vittime possibili. Ci stiamo chiedendo quale sia il modo migliore, più efficace e sostenibile per non provocare ulteriori danni e convogliare le forze nel miglior modo possibile.
Corridoi umanitari, accoglienza dei profughi/e, sostegno alle Onlus e alle Fondazioni che operano concretamente e da anni nel territorio afghano: ogni misura deve essere apprestata rapidamente dal nostro Governo e dall’Europa per cercare di ridurre le violenze e i soprusi che si profilano.
Per ciò che ci riguarda, in queste ore la segreteria nazionale Udi ha avviato un confronto permanente per proposte concrete e fattibili da mettere in campo con altre donne, con altre organizzazioni.
Di sicuro non possiamo rimanere inerti e in silenzio.
Salutiamo con grande vicinanza le donne afghane sperando di aprire le nostre porte a chi ha bisogno di entrare per salvarsi e facendo tutto il possibile per non lasciarle sole.
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