Sono noiose le indignazioni per la proposta di Muroni di intitolare una via di Tresigallo ad Antonio Pennacchi! Il passato missino di Pennacchi – marchio infamante che neppure le successive militanze nel partito comunista e nella CGIL riescono a sbiadire – è un’onta inaccettabile per i moralisti a prescindere che non hanno mai letto nulla dei suoi scritti. Basterebbe leggere qualcosa di più dei titoli per intuire che quel bastian contrario non avrebbe avallato le prepotenze di nessun partito d’ordine al potere. Purtroppo, non essendo la lettura lo sport nazionale, più passa il tempo e più i vecchi buoni concetti diventano riposanti giaculatorie ideologiche, continuando a godere dello stesso gradimento popolare del ‘ventennio’, quando le onnipresenti scritte sui muri delle case riportanti i motti mussoliniani impostavano la cultura di massa.
È doveroso detestare il fascismo in sé, ma chi oggi pretende di cogliere la presenza di un fenomeno nato nel disastroso contesto sociale di un secolo fa – distante anni luce da quello attuale – somiglia ai miopi benpensanti del 1921 che attribuivano al bonapartismo i guai del loro tempo.
Il “Fascio e martello. Viaggio per le città del duce” di Pennacchi, insegna (sì, insegna, riesumando dettagli storici taciuti) che furono fondate circa 150 città. E fra quelle portate a termine c’è l’importante versione rossoniana di Tresigallo.
Stefano Muroni, autore del pregevole saggio “Tresigallo, città di fondazione. Edmondo Rossoni e la storia di un sogno” sarà presumibilmente grato a Pennacchi d’aver evidenziato una peculiarità rinnegata tanto a lungo. Così a lungo da far dimenticare che Tresigallo, significativa testimonianza dell’architettura razionalista, poteva da sempre far parte insieme al capoluogo delle mete di nicchia del turismo culturale. Come se l’economia di Ferrara non avesse assolutamente bisogno di sfruttare ogni possibilità di crescita.
Non solo Pennacchi, anche Muroni meriterebbe di dare il nome ad una via di Tresigallo.
Paolo Giardini