Attualità
27 Luglio 2021
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista British Journal of Haematology. Il team di ricercatori: "Lo scopo è arrivare alle persone e migliorarne la vita"

Emofilia B. Unife mette a punto una nuova super-proteina per curarla

di Redazione | 2 min

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Modificare la molecola di un farmaco per renderlo migliore, esattamente come fa un meccanico quando migliora le prestazioni di un’auto potenziando il motore. È quanto fatto dai biotecnologi dell’Università di Ferrara con la messa a punto di una nuova super-proteina per la cura dell’emofilia di tipo B.

“Le terapie attualmente in uso per la cura delle malattie emorragiche, come l’emofilia, agiscono ripristinando la normale coagulazione del sangue, una funzione essenziale per il nostro organismo e di cui gli emofilici sono carenti. Purtroppo però questi farmaci presentano dei grossi limiti legati alla loro durata limitata nel sangue, e i pazienti sono obbligati a sottoporsi ogni settimana a ripetute infusioni di farmaco” illustra il dottor Alessio Branchini, del dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie e coordinatore dello studio.

Insieme a lui, il team Unife composto dal professor Mirko Pinotti, dalla dottoressa Silvia Lombardi, prima autrice dello studio, dal dottor Mattia Ferrarese, in collaborazione con il gruppo del professor Jan Terje Andersen della University of Oslo.

“La nuova molecola che abbiamo sviluppato è un prodotto biotecnologico chiamato “proteina di fusione”. Si tratta di una proteina in cui siamo riusciti a combinare due diverse molecole con caratteristiche interessanti: l’albumina, che è naturalmente prodotta dal nostro organismo e ha una durata nel sangue addirittura di settimane, e il fattore IX della coagulazione, cioè la proteina utilizzata per trattare l’emofilia B” spiega la dottoressa Lombardi.

L’impatto della ricerca è anche traslazionale, ossia di più ampio respiro rispetto al solo campo specifico di applicazione, come puntualizza il prof. Pinotti: “Questa tecnologia, così come l’approccio biotecnologico da noi usato, può essere esteso ad altre molecole di interesse terapeutico, così come ad altre patologie anche oltre la coagulazione, rendendo questo stesso approccio davvero intrigante per le sue potenzialità di applicazione”.

Gli autori dello studio sottolineano tuttavia che l’iter è ancora lungo perché questa nuova molecola possa essere davvero un farmaco a disposizione dei pazienti, in quanto al momento è stata testata soltanto a livello pre-clinico: “Lo scopo ultimo della nostra ricerca è di arrivare alle persone e migliorarne la vita, in tutti i suoi aspetti. Non è la malattia a identificare una persona, e la possibilità di migliorare sempre di più le cure aiuta anche a far prevalere la persona sulla malattia”.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista British Journal of Haematology.

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