Chi è la donna che secondo Alan Fabbri non sa “ripagare la generosità dei ferraresi”
Il marito l'aveva abbandonata in Pakistan. N. non ha potuto vedere i figli per due anni. La lunga Odissea di dolore di chi ha fatto ricorso per una casa popolare
Per il sindaco di Ferrara è una ingrata che non sa “ripagare la generosità dei ferraresi” e “pretende un alloggio popolare”. Una persona che a suo dire “abbiamo aiutato e continuiamo ad aiutare” e che merita di essere sbattuta sulla sua pagina Facebook con tanto di nome e cognome perché colpevole di aver fatto ricorso contro le graduatorie del Comune, giudicate da un tribunale discriminatorie.
Lei purtroppo di generosità nella sua vita ne ha vista poco. Per due anni le hanno strappato le cose più preziose che aveva e, soprattutto, figura come persona protetta per situazioni di pericolo vissute in passato. E pubblicare il suo nome, secondo chi se ne è davvero preso cura in questi anni, potrebbe davvero nuocerle.
Lei è una donna pakistana di 42 anni. A differenza del sindaco non ne faremo il nome. Il suo caso ha avuto sviluppi internazionali, ha coinvolto ambasciate, ha spinto tante persone a interessarsi a lei. Anche la Farnesina.
Ecco la sua storia. Lei (la chiameremo N.) è sposata con un connazionale con cittadinanza italiana di tre anni più giovane. Insieme hanno due figli. Nel 2018 la situazione affettiva dei coniugi precipita. In estate lui la porta insieme ai bambini in Pakistan.
Si fermano a casa del fratello di N.. Una sera il marito esce e scompare. Con lui scompaiono anche i suoi documenti e quelli dei figli. Il fratello riceve una chiamata: il marito non si vuole più occupare di lei. La lascia. Non solo. Il marito si porta dietro tutti i suoi risparmi e la dote di matrimonio. Senza soldi e senza documenti: N. è praticamente un’invisibile.
Ma, soprattutto per amore dei suoi figli, si ribella. Si rivolge all’ambasciata italiana. I bambini sono cittadini italiani. C’è un problema. Per ottenere un duplicato dei documenti serve il consenso del padre. Prova via mail. Nessuna risposta.
Le viene consigliato di non dichiarare il furto, ma lo smarrimento, per accelerare così i tempi di rilascio del duplicato del passaporto pachistano. Con quello lascia Islamabad per la Gran Bretagna. Dal Regno Unito torna in Italia, sperando di riottenere i documenti dei bambini.
Torna nel comune di residenza e fa denuncia ai Carabinieri. Ma i parenti del marito scoprono che è tornata in Italia. E’ costretta a fuggire e viene accolta dall’associazione PortAmico che – spiega Grazia Satta, attivista dell’associazione umanitaria -, contatta il Centro Donna Giustizia di Ferrara: “N. viene ospitata in un centro ed entra in un programma di alta protezione”.
Passa il tempo e dopo due anni ancora non riesce a rivedere i figli. “Loro vivevano da uno zio a Islamabad – continua Satta -. Non andavano a scuola e non godevano di assistenza sanitaria”.
Di più. La famiglia del marito, che nel frattempo si è trasferito in Inghilterra, fa istanza al tribunale per avere la tutela dei bimbi. La donna è disperata. Non sa come muoversi. Prima viveva come segregata in casa del coniuge, tanto che non era mai stata da sola nemmeno al supermercato. Vive anche nel terrore di essere raggiunta dalla famiglia di chi, in un modo o nell’altro, l’ha ripudiata. Le attiviste di PortAmico, Grazia Satta e Germana Mascellani, contattano le istituzioni. Dal ministero degli Esteri alla Presidenza della Repubblica. L’ambasciata italiana a Islamabad deve rilasciare la copia del passaporto sottratto ai due bambini se si vuole riportarli in Italia. Ma non è facile: “In tribunale – racconta Satta – risulterebbe un documento di richiesta di divorzio con una firma falsificata di N.”.
Il caso viene seguito a livello legale anche da Alessandra Ballerini (l’avvocato che assiste Patrick Zaki).
La vicenda si sblocca e a inizio giugno 2020 i due bambini arrivano in Italia e possono riabbracciare la madre.
N. cerca di diventare autonoma e, tramite l’associazione PortAmico inoltra le pratiche per chiedere un alloggio popolare nel comune di Ferrara, dove è residente dal settembre 2020. Al momento risulta titolare di permesso di soggiorno per motivi familiari con richiesta di rinnovo in corso. Ma non essendo in Emilia-Romagna da almeno tre anni, oltre che per i requisiti dell’impossidenza richiesta dalla giunta Fabbri, si classifica al 680º posto. La domanda risultava, inoltre, ammessa con riserva.
Ora, attraverso l’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), seguita dall’avvocato Massimo Cipolla, attende la riapertura della graduatoria. E spera di non finire nella gogna mediatica di qualche politico. Anche se lei ancora non lo sa. “Non ho avuto il coraggio di dirle cosa ha fatto il sindaco – conferma Grazia Satta -. Sono inorridita quando ho visto che aveva pubblicato i nomi e i cognomi per dare in pasto ai suoi seguaci una donna che ha sofferto e soffre così tanto”.