Spettacoli
12 Luglio 2021
Al Comunale è andato in scena “Non pur di regni o di ricchezze parlo” per celebrare il capolavoro dell'Ariosto e la versione teatrale ideata da Ronconi

Orlando Furioso: l’omaggio del teatro a un capolavoro che attraversa le epoche

di Redazione | 3 min

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(foto di Marco Caselli Nirmal)

di Federica Pezzoli

Dopo la lettura del poeta ferrarese Roberto Pazzi sotto la Torre di San Paolo, lo scorso 24 giugno, le cantiche dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto hanno preso vita anche sul palcoscenico del Teatro Comunale Claudio Abbado con “Non pur di regni o di ricchezze parlo”: serata nata da un’idea di Michele Placido – presidente della Fondazione – per rendere omaggio non solo all’opera scritta cinquecento anni fa, ma anche alla trasposizione teatrale che ne fece Luca Ronconi nel 1969.

E proprio dal 1969 è partito il racconto introduttivo di Stefano Massini, già assistente di Luca Ronconi, che come una sorta di coro ha accompagnato il pubblico fino alla lettura del testo di Ariosto e della riduzione che per Luca Ronconi ne fece il poeta Edoardo Sanguineti, eseguita proprio da tre dei quaranta attori – fra i quali anche Liù Bosisio e la rivelazione Mariangela Melato – che parteciparono a quella produzione: Massimo Foschi, Orlando, Ottavia Piccolo, Angelica, e lo stesso Michele Placido, interprete di diversi ruoli come il Soldato saracino e il Garzone di Iocondo.

Nel 1969, anno dello sbarco sulla luna e dell’esplosione della contestazione, Ronconi sceglie di mettere in scena l’Orlando Furioso, la “storia di una continua complicazione” e di continui rivolgimenti, “di una fuga continua”, dove l’oggetto del desiderio e della felicità dei personaggi proprio quando sembra più vicino improvvisamente si allontana, racconta Massini. In quell’anno nel quale gli studenti e non solo chiedono una società più libera, Ronconi si inventa un Orlando Furioso che non solo esce dagli spazi teatrali convenzionali – nella stessa Ferrara venne ospitato in piazza Municipale, a pochi passi dal Castello – ma “in cui è il pubblico a scegliere. Ci sono varie scene contemporaneamente ed è lo spettatore a decidere quale personaggio seguire”: ecco perchè “è uno degli spettacoli che più raccontano la contestazione”, conclude Massini. E qui sta anche la chiave del suo successo, come affermava lo stesso regista in una conversazione con Claudio Longhi, intitolata non a caso “Uno spettacolo in cui perdersi”: “Il principale motivo di successo di Orlando Furioso – spiegava Ronconi – fu che ognuno vedeva nello spettacolo esattamente quello che voleva vedere”.

Ecco la “rivoluzione gentile”, come l’ha definita Ottavia Piccolo-Angelica, iniziata con la prima al Festival dei due mondi di Spoleto e poi portata in giro in tutto il mondo. Insieme a Michele Placido e a Massimo Foschi, Ottavia Piccolo ha offerto agli spettatori in sala una lettura emozionante e cesellata nelle più svariate sfumature di emozioni. Eccezionale il San Giovanni di Michele Placido.

Una “esperienza di lavoro e di vita per tutti noi attori e partecipanti”, ha detto Massimo Foschi, che ha regalato al pubblico non solo un’intensa e commovente discesa nella pazzia di Orlando, ma anche uno dei suoi ricordi personali più commoventi. “Eravamo per la seconda volta a Parigi e io recitavo il pezzo della follia di Orlando di Sanguineti su una serie di pedane su carrelli, intorno alle quali stava il pubblico. Per quattro sere di seguito ho intravisto ai bordi una signora che piangeva. Ho scoperto poi che la mia interpretazione le ricordava il figlio morto giovanissimo in una camera a gas in un campo di concentramento… E allora avrei voluto smettere di farlo per non farla soffrire più”.

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