Eventi e cultura
19 Maggio 2021
Giovedì 20 maggio sul canale Youtube della biblioteca Ariostea

Aspetti psicologici in Hemingway ad “Anatomie della mente”

di Redazione | 3 min

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Stefano Caracciolo

La vita e le opere di Ernest Hemingway con attenzione ai riferimenti psicologici e psicobiografici, saranno al centro del quarto appuntamento della nuova edizione del ciclo “Anatomie della mente – Conferenze dei Giovedì di Psicologia – Anno XIV”, a cura del professor Stefano Caracciolo, ordinario di Psicologia Clinica dell’Università di Ferrara.

La conferenza ‘Papa’ Hemingway: autobiografia nelle opere di Ernest Hemingway”, in programma giovedì 20 maggio alle ore 17 in diretta sul canale YouTube della Biblioteca Comunale Ariostea, fa parte dell’ormai storico ciclo di incontri della Biblioteca Ariostea, realizzato in collaborazione con la Sezione di Neurologia, Psichiatria e Psicologia Clinica della Facoltà di Medicina, Farmacia e Prevenzione di Unife.

Ad anticipare l’argomento della conferenza il professor Stefano Caracciolo: “Una mattina di aprile del 1961 la moglie Mary aveva trovato lo scrittore Ernest Hemingway con un fucile in mano e due pallottole sul davanzale della finestra. Era riuscita a distrarlo fino all’arrivo del suo medico di fiducia e lo avevano persuaso ad andare al vicino Ospedale di Sun Valley, Idaho (Usa) per essere nuovamente ricoverato alla Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota. Quando lo avevano riportato a casa per partire, Hemingway era riuscito ad andare alla rastrelliera dei suoi fucili da caccia e a prenderne di nuovo uno, puntandosi l’arma alla gola. Dopo avergli strappato il fucile di mano, il medico lo aveva riportato all’ospedale di zona, ma già due giorni dopo, appena atterrati da un volo per Rochester, Hemingway aveva cercato di buttarsi sotto le eliche di un aereo che atterrava. Alla Clinica fu sottoposto a una nuova serie di elettroshock, come già l’anno precedente, e il 30 giugno dopo aver convinto i dottori che poteva essere dimesso, fece ritorno a casa. Il 2 luglio si era alzato presto, si era messo la vestaglia che lui chiamava ‘la vestaglia rossa da imperatore’ ed era sceso senza rumore per le scale. I fucili erano chiusi a chiave in cantina, ma lui sapeva che le chiavi erano in cucina, aveva scelto un fucile a doppia canna, intarsiato in argento, che per anni aveva usato per la caccia. Aveva attraversato il soggiorno, inserito le cartucce, posato il fondo del fucile sul pavimento, si era chinato in avanti e premendo le canne del fucile contro la fronte aveva premuto il grilletto. Finiva così, a poco più di 60 anni di età, la vita di uno dei più grandi scrittori del’900, famoso in tutto il mondo, Premio Nobel per la Letteratura nel 1954, vincitore del Premio Pulitzer, autore di racconti e romanzi tradotti in tutte le lingue e narratore di storie epiche e feroci ambientate, quasi sempre in chiave autobiografica, in Spagna, in Italia, in Africa, a Cuba, negli Usa dove era nato e cresciuto. Era da tempo malato, nel fisico e nel morale, non riusciva più a scrivere, in preda a gravi sintomi quasi deliranti, a metà fra ossessione e paranoia. Come in uno dei suoi racconti autobiografici di gioventù, come nelle sue lettere in cui descrive gli effetti dirompenti dei bombardamenti sui corpi di soldati, come nelle crude descrizioni del rito feroce e sublime della corrida in ‘Morte nel pomeriggio’, come nel Grande Pesce catturato e poi divorato dagli squali in ‘Il Vecchio e il Mare’, la morte è protagonista indiscussa e dilagante delle sue storie. La vita di Hemingway, e di conseguenza la sua opera letteraria, solo a tratti giornalistica da ‘inviato speciale’, è un continuo gioco di sfida con la morte: la morte degli altri, quella degli animali, la sua morte con cui scherza fino alla fine, quando ormai il gioco era diventato molto, troppo serio”.

Fino al termine della situazione emergenziale tutti gli incontri si svolgeranno in diretta video nell’orario indicato sul canale Youtube della Biblioteca Comunale Ariostea.

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