Leggo che il presidente Anpi di Cento (Oriano Tommasini) “ha fatto rivivere il nome e le gesta del colonnello Vittorio Falzoni Gallerani, che abbandonò l’esercito per entrare nella Resistenza”.
Suppongo che si tratti di un riassunto, perchè dalla lettura delle parole citate, sembra che si parli di un Colonnello che abbandonò il Regio Esercito.
Ricostruiamo allora la vicenda in maniera precisa.
Vittorio Falzoni Gallerani (1916-1945) apparteneva a una delle più grandi famiglie di professionisti e agrari centesi e prestò servizio militare nel Regio Esercito quale ufficiale di complemento nell’artiglieria contraerea. Dopo l’8 settembre 1943 venne richiamato in servizio dall’esercito di Salò e destinato in Liguria. E vestì la divisa della RSI fino al giugno 1944. Poi disertò per unirsi ad una formazione partigiana “garibaldina” che agiva su quelle montagne e ne assunse presto funzioni di comando.
In una sua lettera scrisse infatti : “Ho avuto la fortuna di essere vicino ai partigiani e il 19 giugno 1944 sono salito in montagna con tutti i miei uomini, lasciando con tanto di naso il mio tenente”. Prese il nome di battaglia di “Filippo” aggiungendo anche il grado di tenente colonnello, al solo scopo di confondere i nemici (cioè i Tedeschi e i suoi ex-commilitoni). Un giorno dell’inverno 1944/45, mentre da solo percorreva un sentiero vicino a Taggia, morì durante uno scontro con un reparto repubblichino, contro il quale non esitò ad aprire il fuoco con la sola pistola che in quel momento aveva con sé (vedi: http://files.famigliacentese.it/200015278-0728108305/Fam%C3%A8%20Zenteisa_Aprile%202019.pdf).
Insomma, prima del giugno 1944 sarebbe potuto morire con la divisa della R.S.I. per mano dei partigiani. E nessuno lo commemorerebbe.
Scrivo questo non certo per sminuire il valore dimostrato da Vittorio Falzoni Gallerani, ma per far capire, soprattutto ai più giovani, che dopo l’8 settembre molte coscienze furono scosse ed ebbero bisogno di tempo per riflettere, meditare e scegliere.
Adesso tutto sembra semplice, ma in quei mesi concitati non era così facile capire e decidere.
E Falzoni Gallerani, se avesse dovuto uccidere quel tenente che aveva lasciato “con tanto di naso”, forse avrebbe ritenuto la decisione molto dolorosa.
Non giudichiamo quindi frettolosamente, con fare manicheo, le scelte di quel periodo, perchè oggi è facile distinguere fra chi aveva ragione e chi aveva torto. Francesco Tumiati, medaglia d’oro della Resistenza, morì fucilato mentre il fratello Gaetano (lo scrive lui stesso nel libro “Prigionieri nel Texas”), ritenendo disonorevole gettarsi ai piedi dei vincitori, prestava giuramento di fedeltà alla R.S.I. nelle mani di Giovanni Roberti, futuro parlamentare del MSI e fondatore della CISNAL.
Prima di giudicare, dunque, cerchiamo di capire e non pretendiamo sempre di giudicare il passato con gli occhi e le conoscenze di oggi.
Giulio Borghi