Altri sport
22 Marzo 2021
Il popolare giornalista ha presentato, assieme al presidente UISP Emilia Romagna Enrico Balestra, il suo nuovo libro

Flavio Tranquillo racconta ‘Lo sport di domani’

di Redazione | 5 min

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Esiste uno sport buono ed uno cattivo? Si sta facendo abbastanza in Italia per mettere le fondamenta che consentano ad un mezzo così aggregativo di avere anche una funzione educativa? C’è ad oggi una visione condivisa su quello che sarà l’attività sportiva nel futuro? A questi ed altri temi cerca di rispondere il popolarissimo volto di Sky Sport con il suo nuovo libro ‘Lo sport di domani’ edito da Add Editore.
Flavio Tranquillo infatti, assieme al presidente UISP Emilia Romagna Enrico Balestra, si pone diverse questioni riguardanti le maggiori problematiche attuali dell’attività sportiva, passando innanzitutto dall’autocritica: “Trovo corretti i concetti di ‘retorica’ e distanza di anni luce’ quando si parla di sport – spiega Tranquillo – e sono certo di rappresentare un ‘pentito’ rispetto ad un’assenza di critica nel considerare lo sport scontato, sempre uguale e sempre tendenzialmente buono. Oggi mi ritrovo a pensare che non sia così: c’è sport che genera cultura ed un altro che genera incultura. Non basta prendere del legno, dei canestri dei giocatori. E’ potenziailmente qualcosa di molto positivo ma se lo fai e corrompe dei valori o rovina il fisico, invece può essere negativo. Non posso essere io a dire quali sia lo sport giusto e sbagliato, ma la retorica dice che ne esiste uno solo. C’è un solo ‘credo’, una mania di perdonarsi in maniera irrazionale e siamo mancati sul terreno dell’identificare appunto dov’è quello giusto e quello sbagliato”.

Enrico Balestra sollecita poi il giornalista su quale sia appunto lo sport importante e quello meno importante, data la definizione di ‘preminente interesse nazionale utilizzata nei recenti DPCM governativi: “E’ problema di comunità, ovvero un concetto mai così sollecitato come oggi nella storia recente. Questo è il momento migliore per vedere quanto lo sport sia espressione di idea di comunità o meno. Durante questa pandemia sul ‘preminente interesse nazionale’ è partito nel basket il dibattito se lo abbia solo la Serie A, la A2 o anche la B con queste ultime due professionistiche di fatto ma dilettantistiche sulla carta. Più che scagliarsi contro il Governo o le Federazioni, dovremmo prendere atto della nostra incapacità di effettuare ‘moral suasion’ sulla politica affinchè si prenda maggiore responsabiltà nello specificare i propri provvedimenti. Se l’idea comunità si adatta solo ad un determinato momento, non è un buon processo decisionale”.

Ancora prima di scendere nei dettagli dei vari provvedimenti, Tranquillo spiega come manchi la visione di come lo sport si inserisca in una comunità: “Va fissato il punto di discussione: prima di fare a,b o c bisognerebbe scrivere ancora la prima parola. A monte dobbiamo decidere cosa dobbiamo dare alla comunità e che valore ha lo sport per essa: quello che ha per persone in età educativa è diverso da quello che ha per un sessantenne o per un professionista. La funzione socale di quest’ultimo ad esempio sta nel generare ciò che ha una ricaduta positiva sulla società. Qui la questione è cercare di far fare a tutti il miglior sport possibile e mi chiedo come sia possibile delegarlo a privati volontari cioè lavoratori sportivi inquadrati in maniera caotica indipendentemente dalle grandi capacità della maggioranza di essi, piuttosto che dare allo Stato un ruolo centrale come avviene per la sanità e l’educazione”.

Il presidente UISP continua il dibattito chiedendosi: “Attraverso lo sport si può raccontare l’immagine di paese? Mi chiedo come crescerebbero i miei figli negli Stati Uniti vedendo un campionato ‘meritocratico’ come la NBA piuttosto che una Serie A italiana nella quale vincono sempre le stesse blasonate squadre”.

A ciò Tranquillo, conosciutissimo tra le altre cose per la grande conoscenza in fatto di pallacanestro americana, replica che “dobbiamo ancora delimitare il ‘campo di gioco’. Lo sport può cambiare il mondo ed è terribilmente vero perchè è una responsabilità pesante e non sono così tante le cose che hanno la capacità di aggregare in senso fisico ed astratto così tante persone. Il fatto che sia così potente dovrebbe portare tutti ad interrogarsi sull’uso che si fa di questo strumento.
Nel libro tratto anche brevemente il tema strutturale dell’NBA, la quale è un modello di business coerente, coinvolgente e che fornisce risultati di un certo tipo. Se vogliamo annettere a ciò un’idea che esso sia più democratico possiamo anche farlo, ma senza che lo sia per forza di più della Lega Calcio italiana. Per me questo significa non avere un corretto approccio alle cose ovvero fare paragoni con un’idea di business basata sull’equilibrio competitivo, dove anche proprietari, quindi imprenditori sportivi, facoltosi mettono al primo posto il benessere del business rispetto al numero di vittorie raggiunto”.

Sempre Tranquillo poi tocca il delicato tema dello sport come strumento educativo: “Noi prendiamo in maniera troppo letterale il fatto che i bambini agiscano in base a ciò che vedono principalmente. Una corretta idea di formazione dovrebbe stare nel proporre modelli formativi che non dipendano da rispettabili organizzazioni, come la NBA o la Lega Calcioitaliana, che perseguono i propri fini. Mario Draghi dovrebbe preoccuparsi di avere un’azione educativo formativa fornita dallo sport, prendendo in mano ‘io’ come Stato questo aspetto. Poi i nostri figli sceglieranno che prodotto vedere se gli avremo dato un’idea di sport corretta e davvero di una certa caratura”.

Infine Balestra sollecita l’autore del libro sulla riforma dello sport e sul sui suoi eloquenti passaggi istituzionali: “E’ passato tantissimo tempo dall’approvazione della legge delega ai decreti attuativi, ed è anche cambiata la maggioranza di Governo la quale non appoggia in toto gli assunti di quella legge. I decreti poi sono stati appunto convertiti in legge all’ultimo secondo da un terzo ulteriore governo ovvero questo, caratterizzato da situazioni contingenti. Al momento non è ancora legge, non essendo pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e se anche dovesse esserlo ci sarebbe sempre il tempo di cambiarla.
Tutto ciò spiega come non ci sia un’idea condivisa di visione dello sport e per condivisa non intendo solo per una mera maggioranza parlamentare, ma condivisa in quanto si è discusso delle cose che si vogliono fare con una visione da qui a quindici anni. Per una riforma serve una visione che non può essere solo, per esempio, far ascendere artificiosamente il calcio femminile per dimostrare che diamo dignità a quel tipo di sport. Forse dovremmo interrogarci sul perchè una donna che vuole fare sport è discriminata rispetto ad un uomo”.

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