Attualità
15 Marzo 2021
Al festival di Internazionale a Ferrara presentazione online di “Fragole. Le donne invisibili della migrazione stagionale” di Chadia Arab

Braccianti usa e getta, il vero costo delle fragole della Spagna

di Redazione | 4 min

Leggi anche

25Aprile. “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”

“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che auguro a voi di non sentire mai”. 

È con le parole di Piero Calamandrei – tra i padri fondatori della Costituzione – che il sindaco Alan Fabbri apre il suo intervento durante la celebrazione del 25 aprile, dopo l’alzabandiera e il picchetto d’onore. 

Cau, tutti le informazioni per l’assistenza nei giorni festivi

In occasione di due settimane in cui si stanno susseguendo numerosi giorni festivi, le Aziende Sanitarie ricordano gli orari di attivazione del servizio di Continuità Assistenziale per la cura e assistenza alla cittadinanza nei momenti in cui non sono presenti i medici di medicina generale

di Federica Pezzoli

Le prime fragole del 2021 hanno già iniziato a comparire sui banchi della grande distribuzione, ma da dove vengono e cosa c’è dietro i cestini che finiscono sulle nostre tavole? A questa domanda risponde il libro “Fragole. Le donne invisibili della migrazione stagionale” della geografa sociale e delle migrazioni Chadia Arab, presentato domenica 14 marzo nell’incontro “Le donne invisibili della migrazione stagionale”, all’interno del programma online del Festival di Internazionale a Ferrara 2020/21.

In questo volume, frutto del lavoro di ricerca della geografa franco-marocchina, sono raccontate le storie delle migranti marocchine che a ogni stagione, tra febbraio e giugno, lasciano il loro Paese per andare a raccogliere le fragole nel Sud della Spagna, nella provincia di Huelva. Un lavoro complesso, che ha seguito per più anni un centinaio di braccianti lungo le traiettorie della loro migrazione circolare verso la Spagna e ritorno, e che è iniziato, come ha spiegato la stessa Arab, dopo l’incontro con Zaida nel 2008. Prima “anche per me queste donne erano invisibili”. Zaida è una donna marocchina di 37 anni, che non è mai andata a scuola, che è stata costretta a sposarsi quando aveva 15 anni e poi ad andare a lavorare nelle serre di fragole spagnole per potersi mantenere dopo aver avuto il coraggio di andarsene dalla casa di suo marito. “Ho scelto di dare voce a donne che non riescono a raccontare la propria storia perché spesso non sono scolarizzate” racconta Arab ad Annalisa Camilli di Internazionale.

Questa migrazione di donne marocchine nel Sud della Spagna è iniziata una ventina di anni fa, prima si usavano donne dell’Europa dell’Est, ma da quando i loro paesi sono entrati a far parte dell’Unione Europea gli agricoltori spagnoli si sono rivolti alla manodopera femminile del Marocco. Il sistema è quello dei “contratti di origine” e si svolge all’interno di una convenzione fra Spagna e Marocco, firmata nel 2007: “I contratti vengono firmati direttamente nel Paese di provenienza e le agenzie di reclutamento si trovano in Marocco”, ha chiarito Arab. “Sono sempre donne fra i 35 e i 45 anni, con figli” perché così si è sicuri che “a fine stagione ritorneranno a casa in Marocco” e, ha aggiunto la ricercatrice, “non è chiaramente esplicitato” ma “ci si rivolge a donne povere, senza un retroterra culturale”, spesso “vedove o divorziate” e quindi sole, perché questo le rende “docili” e “silenziose” nello svolgere il loro lavoro.

La Spagna è il primo esportatore mondiale di fragole e, per avere un’idea della portata del fenomeno, nel 2008 questa migrazione tra una sponda e l’altra dello stretto di Gibilterra ha riguardato cinquemila donne, salite già “nel 2009 a diciassettemila” e poi “i numeri si sono mantenuti su quest’ordine di grandezza”.

Cosa trovano in Spagna? Quello che Arab, prendendo a prestito l’espressione di un suo collega, ha definito “utilitarismo migratorio” che considera le braccianti “usa e getta” perché servono per la raccolta, poi “se ne devono tornare a casa loro”. Ma soprattutto, ha sottolineato la geografa delle disuguaglianze, “un triplice sfruttamento”: loro, donne braccianti marocchine, si trovano a lavorare per agricoltori maschi bianchi spagnoli. E questo si traduce in sfruttamento, precarietà, condizioni di vita non dignitose e, a volte, in “molestie e abusi sessuali”. Tanto che associazioni sindacali e femministe spagnole hanno usato per la loro situazione espressioni come “tratta di esseri umani” e “schiavismo”. Per esempio, nonostante il Covid, durante la raccolta “è stato loro chiesto di non indossare i guanti per non rovinare il prodotto” e hanno lavorato “fianco a fianco” nelle serre torride dove era impensabile indossare le mascherine.

La convenzione che regola la migrazione fra Marocco e Spagna e ritorno si svolge nel quadro di un programma europeo che dovrebbe limitare la migrazione clandestina, ma poi “questa via legale – ha domandato Camilli – si trasforma nel prodromo della clandestinità?” Arab ha risposto che il diventare “sans papier” è un destino che accomuna “non la maggioranza” ma “diverse migliaia” di queste lavoratrici.

Eppure in questo processo sociale non tutto è negativo, perché per molte di queste donne la migrazione ‘internazionale’ rappresenta una strada per “l’emancipazione”, ha evidenziato Arab. “In Spagna guadagnano molto più denaro di quanto non farebbero in Marocco nello stesso lasso di tempo” e per questo “sono rivalutate dalle famiglie perché al loro ritorno portano più soldi”. “A volte i ruoli di genere si invertono e queste donne diventano capofamiglia perché sono loro a portare a casa il denaro e, quando non ci sono, i mariti badano ai figli”. Dall’altra parte però sono spesso considerate “cattive madri perché lasciano i figli per mesi, o anche per anni, per andare a lavorare all’estero”. È una situazione contraddittoria e “quasi paradossale”, ma negli anni nei quali la ricercatrice le ha seguite le ha viste cambiare, evolversi “alcune quando sono tornate in Marocco hanno fondato piccole imprese, come pasticcerie, o cooperative per l’allevamento del bestiame” e quindi, ha sottolineato Chadia Arab, diventano “un grande potenziale per il Marocco”.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com