Aveva mezzo chilo di droga nella cameretta, arrestato minorenne
Lo scorso 6 maggio i Carabinieri della Stazione di Cento hanno proceduto all’arrestato di un 17enne trovato con quasi mezzo chilo di hashish occultato nella propria cameretta
Lo scorso 6 maggio i Carabinieri della Stazione di Cento hanno proceduto all’arrestato di un 17enne trovato con quasi mezzo chilo di hashish occultato nella propria cameretta
Una serata di svago si è trasformata in un incubo per quattro ragazze di Ferrara, aggredite verbalmente e minacciate da un gruppo di uomini all’uscita di una discoteca. Le giovani sono riuscite a documentare l’accaduto avviando la videocamera del cellulare e ha registrato l’intera scena. Il video, pubblicato su TikTok, è diventato virale
Nel pomeriggio di mercoledì 7 maggio scorso, durante un controllo sulle Mura del viale IV Novembre, gli agenti dell'Unità Cinofila della Polizia Locale Terre Estensi hanno denunciato in stato di libertà un cittadino di origini nigeriane per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente
Ancora guai per il 28nne ferrarese già noto alle cronache locali per aver danneggiato la vetrina dello Spal Store. Venerdì (9 maggio) infatti è stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare nel carcere di via Arginone, dove nel frattempo era già stato trasferito
Momenti di forte tensione nel pomeriggio di sabato 11 maggio in piazza Verdi, a Ferrara, dove un giovane in evidente stato di alterazione psicofisica ha creato scompiglio tra i passanti
Il pm Andrea Maggioni
Non più peculato, ma truffa aggravata, falso e inadempimento contrattuale in pubbliche forniture.
La procura di Ferrara ha cambiato le carte in tavola nell’indagine a carico di Thomas Atongi Kuma, Nathalie Beatrice Djoum ed Eva Rosa Lombardelli, rispettivamente presidente, vice e consigliera della cooperativa Vivere Qui, per la gestione di cinque Centri di accoglienza migranti (Cas) tra Vigarano e Poggio Renatico.
Non si è trattato, ovviamente, di un guizzo improvviso della volontà del pm Andrea Maggioni, ma di un percorso ragionato derivante da quanto stabilito dai giudici nel lungo iter per l’applicazione di una misura cautelare nei confronti di Atongi e Djoum (che iniziò con la richiesta di misura detentiva ed è finita con il divieto di esercitare imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese).
Quel percorso è arrivato fino alla Cassazione e nel frattempo si è chiarito che i famosi 27,50 euro al giorno assegnati per ogni migrante accolto (che hanno dato il nome all’indagine della Guardia di Finanza) una volta incassati dalle coop non hanno più natura pubblica e, dunque, non può esistere il reato di peculato.
Esiste però, e questa è l’ipotesi da cui riparte l’accusa e che proviamo a spiegare fuori dal ‘giuridichese’, un dovere di destinazione e di rendicontazione di quei soldi: devono cioè essere utilizzati per la gestione dell’accoglienza – che naturalmente implica anche pagare gli stipendi a chi lavora e amministra – e non per fini del tutto privati, sganciati dal servizio, come pagarsi viaggi, personal computer, televisori di ultima generazione, ristoranti e capi di abbigliamento di prestigiosi marchi.
Proprio qui risiede il succo delle contestazioni: gli amministratori della Vivere Qui sono accusati di aver usato oltre 400 mila euro di fondi ricevuti dal 2015 al 2018 per i vari Cas per scopi completamente privati, al contempo non garantendo che il servizio venisse svolto in maniera idonea. Di questa somma: 52mila euro sarebbero stati utilizzati per acquisti non inerenti i Cas e ben 345mila euro sono prelievi in contanti non rendicontati e che per la procura non erano nemmeno ammessi.
Il tutto evitando di segnalare le spese private ad Asp e Prefettura – che sono inquadrati come i soggetti truffati – impedendo all’ente pubblico di stornare eventualmente le cifre dalle corresponsioni future o inducendolo a considerare legittime quelle già erogate.
Come nell’indagine ‘originale’, rimane l’accusa per Vivere Qui di aver prodotto anche falsi presenziari che, come si ricorderà, fu al centro dei controlli eseguiti su tutte le altre cooperative e associazioni impegnate nell’accoglienza dei migranti (posizioni tutte archiviate o in via di archiviazione).
La coop avrebbe sia fatto risultare come presenti per diversi giorni migranti che in realtà erano assenti, sia indicato come inseriti nel progetto di accoglienza alcune persone che non lo erano.
In questo modo, sostengono procura e Guardia di finanza, l’Asp di Ferrara avrebbe erroneamente erogato fondi pubblici non spettanti per oltre 10mila euro e poi per altri 5.600 euro circa.
Tutti questi ‘giochi’ nell’uso di fondi pubblici a fronte di un servizio non erogato in maniera corretta, al punto che la procura contesta una vera e propria frode nell’esecuzione del contratto: gli inquirenti hanno infatti riscontrato gravissime carenze dal punto di vista igienico sanitario, come la presenza di topi e scarafaggi con la conseguente contaminazione delle provviste alimentari), la mancanza di cibo e vestiario, di lenzuola, di presidi medici di sicurezza.
Se Asp e Prefettura sono vittime della (presunta) truffa e della frode contrattuale operata dagli amministratori di Vivere Qui, due loro dipendenti – Vincenzo Martorano (dirigente a Palazzo Giulio d’Este) e Valentina Marzola (psicologa, inquadrata come coordinatrice del servizio accoglienza di Asp dall’ente pubblico nonostante fosse stata assunta come interinale e poi non rinnovata) rimangono indagati per il reato di abuso d’ufficio in merito a tutta la gestione dei Centri di accoglienza.
Per la procura avrebbero omesso di eseguire efficaci controlli nei confronti dei vari Cas della provincia di Ferrara, preavvertendo gli amministratori dei controlli in arrivo, o suggerendo compilazioni non veritiere dei permessi di allontanamento o proprio dei presenziari.
Inoltre, sempre secondo gli inquirenti, non avrebbero adottato i provvedimenti dovuti a fronte di evidenti gravi anomalie e irregolarità nella gestione delle strutture. Ad esempio, non avrebbero fatto nulla a fronte di soggetti che percepivano i fondi senza averne più titolo, o all’assenza dell’agibilità delle strutture, o all’assenza dei registri ‘poket money’ necessari per ottenere i finanziamenti.
“Già in sede cautelare i giudici avevano espresso riserve sulla fondatezza del teorema accusatorio a carico del mio assistito – commenta l’avvocato Fabio Anselmo, che assiste Martorano -. Ho massimo rispetto per il pm procedente ma auspico che il processo si svolga nei tempi più rapidi possibili in quanto sono convinto che emergerà l’assoluta innocenza del mio assistito”·
“Valutiamo l’eventuale costituzione di parte civile una volta aver letto le carte dell’indagine”, afferma l’avvocato Giacomo Forlani che assiste l’Asp.
La posizione di un altro indagato, il cui nome era emerso agli inizi dell’indagine, Alberto Dalfreddo, è stata invece archiviata.
Come a fine 2018, quando dai controlli sulla Vivere Qui la procura e le Fiamme gialle decisero di estendere le verifiche a tutti gli enti impegnati nell’accoglienza, dopo la raffica di archiviazioni arrivata già a metà 2019 (o in arrivo per le posizioni rimaste in sospeso) tutto potrebbe tornare in gioco anche per loro, proprio partendo ancora una volta da quel che sta accadendo alla Vivere Qui.
Essendo cambiato il criterio di controllo applicato, non sembra improbabile che gli inquirenti vogliano ora verificare che tutti gli enti abbiano dato la corretta destinazione e rendicontato a dovere l’uso dei soldi pubblici erogati per la gestione dei Cas e che tutto sia effettivamente rimasto in quell’ambito.
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