Eventi e cultura
1 Febbraio 2021
Giornata della Memoria. Il testo di Piero Stefani che rende omaggio all'autore di “Se questo è un uomo” e al Sommo Poeta

Il Canto di Primo. Dante varca i cancelli di Auschwitz

Magda Iazzetta e Fabio Mangolini
di Redazione | 3 min

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Magda Iazzetta e Fabio Mangolini

Magda Iazzetta e Fabio Mangolini

di Federica Pezzoli

“Considerate la vostra semenza:/fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza”. Cosa può esserci di più lontano da questa celeberrima terzina dantesca del campo di Auschwitz, simbolo del sistema concentrazionario nazista?

Eppure questi e altri versi del XXVI canto dell’Inferno risuonano all’interno di uno dei libri che più hanno fatto conoscere quegli eventi, scritto da uno degli autori che più hanno contribuito a farne memoria: il capitolo “Il canto di Ulisse” in “Se questo è un uomo” di Primo Levi.

Da qui è partito Piero Stefani per scrivere il suo “Il Canto di Primo”, una rivisitazione delle celebri pagine di Primo Levi nell’anno in cui si celebra il settimo centenario della nascita di Dante.

Dal testo è stato creato un reading con Magda Iazzetta e Fabio Mangolini, con un intervento musicale di Lucilla Mariotti, che interpreta un brano di Felix Mendelssohn, ostracizzato dal regime nazista perché di origine ebraica. Il video è disponibile da venerdì 29 gennaio sul canale youtube del Meis.

Piero Stefani

Piero Stefani

Piero Stefani ritorna a quelle pagine, che legano l’Inferno dantesco all’inferno di Auschwitz, nelle quali Levi ricorre a Dante per insegnare l’italiano a Pikolo, mentre insieme vanno a prendere il rancio per tutto il Kommando, perché “in quell’orrore – afferma Stefani nella sua breve introduzione – non bisognava vedere solo ciò che deturpava l’uomo, ma cercare di salvaguardare la dignità umana. E i grandi classici ci aiutano in questo”. “I grandi classici – continua Stefani – ci dimostrano che l’umanità non è capace solo di orrore, ma anche di grandi cose sulla via della bellezza”.

Magda Iazzetta e Fabio Mangolini interpretano la docente universitaria di letteratura italiana Marta Longhi e un ebreo alsaziano, farmacista: proprio quel Jean che Primo Levi ha soprannominato Pikolo, in un dialogo immaginato da Stefani che intreccia analisi letteraria e testimonianza.

Considerazioni sulle pagine in cui Jean diventa la personificazione della “forza trasmessa nelle avversità dalla memoria letteraria e dalla poesia” e ricordi personali dell’uomo e dei suoi rapporti con l’amico Primo, dopo che entrambi erano ritornati “alle proprie Itaca”: come quell’estate del 1947, quando decisero di rivedersi proprio per parlare de “Il Canto di Ulisse” in “Se questo è un uomo”.

L’idea era di incontrarsi a Nizza, sulla Costa Azzurra, ma si rividero nella “terra di nessuno” dell’ufficio dei doganieri perché nessuno dei due aveva il passaporto. Bloccati, dopo che entrambi avevano attraversato innumerevoli confini, non solo geografici, per tornare: Levi da Auschiwtz e Jean da Buchenvald, dove era stato trasferito in una delle tante marce della morte e dove fu liberato l’11 aprile del 1945. Lo stesso giorno, quarant’anni dopo, nel 1987, il suo amico Primo Levi moriva.

Lucilla Mariotti

Lucilla Mariotti

Tre i punti di contatto fra le pagine scritte, di Dante e di Levi, e l’esperienza di testimoni di Primo e di Jean. Lo sforzo del ricordare ciò che rischia di andare perduto, che sia l’umanità dei compagni di Ulisse o le parole del canto dantesco a Buna Monowitz o la memoria di ciò che era stato da trasmettere a chi non aveva conosciuto l’orrore; lo sforzo per non trasformarsi in bruti; il non essere sempre all’altezza della propria umanità, come sottintende la chiusura del capitolo, mentre Jean e Primo si mettono in fila per la zuppa, “infin che ’l mar fu sovra noi richiuso”.

“Considerate la vostra semenza:/fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza”. Per Levi questi versi sono come “uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono”. Quella voce, afferma Jean nel testo di Piero Stefani, è in realtà “la voce della coscienza umana troppe volte rinnegata, ieri come oggi”.

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