“Gaza sta morendo, l’Europa agisca”
In occasione della Giornata dell’Europa, i gruppi di maggioranza dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna si fanno sentire contro la drammatica crisi umanitaria nella Striscia di Gaza
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Oltre 150 persone hanno aderito alla chiamata collettiva di questa realtà oggi minacciata da una decisione che sa di silenziosa cancellazione: lo sfratto imposto dal Comune entro il 30 maggio, senza un'alternativa concreta
Andrea Marchi
In questo momento vorrei scrivere cose uniche. Cose indimenticabili. Sarebbe un regalo, un omaggio, a un amico che non c’è più. Un amico dei più preziosi. Andrea Marchi lo meriterebbe.
Prima che il cancro lo riducesse, prima che quella voce da Stentore lasciasse negli ultimi mesi parlare solo gli occhi, mi disse che avrebbe voluto un mio discorso al suo funerale. Un mio discorso… Letto da me, che incespico nel solo pronunciare il suo nome per dire agli amici comuni che non c’è più.
I lettori perdoneranno il linguaggio colloquiale. Ma quanto scrivo è destinato prima di tutto ad Andrea. Penso che si possa fare uno strappo a qualche regola. Specie se quella regola appartiene a ognuno di noi. Una regola che arriva a un certo punto, da noi non determinato, della nostra esistenza. Per Andrea quel punto e quella regola sono arrivati troppo presto.
E sono arrivati troppo presto per tutti noi. Per tutto quello che poteva ancora dare, per tutti gli sguardi che avrebbe potuto lasciare, per tutta l’umanità che – per osmosi – affidava alla pelle permeabile di chi gli stava vicino.
Io rinuncio a scrivere cose indimenticabili, ma spero che da queste frasi slabbrate potrete cogliere, anche in minima parte, chi è stato Andrea Marchi.
Andrea Marchi è stato un uomo retto, un politico onesto, un amministratore capace, un marito – lo so ovviamente per interposta persona – favoloso, un amico capace di far commuovere. Tutto questo senza mai chiedere niente.
Davvero, Andrea non ha mai chiesto niente a nessuno. Dalla maturità liceale eccellente alla laurea ancor più brillante, fino alla carriera politica – minimale per le sue doti –, Andrea ha ottenuto per merito quello per cui ha lottato.
Chi ha la pazienza o il troppo tempo libero per leggermi abitualmente sa che non sono prodigo di complimenti. Ma Andrea è stato troppo per così poco.
Avrei voluto vedervi accompagnarlo per la sua Ostellato. Lo prendevo in giro parlando di culto sovietico della personalità quando veniva assalito da ogni passante. Spesso solo per chiedergli come stesse o per ringraziarlo di qualcosa. Di cosa? Di averli ascoltati.
Avrei voluto vedervi entrare con me nella sua stanzina di studente in via Ticchioni. La divideva con un fiero fascista. Solcata la soglia, alla destra c’erano manifesti futuristi e la faccia del duce. Alla sinistra l’effige di Lenin e libri di Gramsci. Non oso pensare quanto quel ragazzo che condivideva quei pochi metri quadri con Andrea stia piangendo in questo momento.
Già, Andrea sapeva scontrarsi, confrontarsi e ascoltare. Anche troppo. Anni fa – si era giovani laureandi, seduti su una panchina notturna di piazza Ariostea, a parlare di stagioni dell’amore – ebbi la sventura di ammonirlo. “Andrea, la dignità prima di tutto”.
Glielo dissi senza dar peso alla portata di quello che poteva sembrare, a chi mi stava accanto, un undicesimo comandamento. Ogni tanto me la ricordava, ironico, quella sentenza dal sapore biblico. Mai avrei pensato che la potesse prendere tanto sul serio.
E invece Andrea da allora, giorno dopo giorno, mi rinfaccia involontariamente quella sua dignità che è difficile raggiungere per molti di noi. Per me sicuramente. Non c’è nulla di male nell’accorgersi che qualcuno è migliore di noi. E se quel qualcuno è una persona cara, può essere solo di aiuto, di esempio.
In quell’esempio sta il significato di questo sfogo personale, che spero perdonerete. Andrea Marchi, con la sua dimostrazione di onestà, preparazione, rettitudine, è stato un modello collettivo. Non lo avete visto stracciarsi le vesti nei rotocalchi televisivi politici, non lo avete letto su manifesti nazionali o su virali post di facebook solo perché non lo ha voluto. O, meglio, perché non ha mai voluto piegarsi a logiche che non gli appartenevano. Perché anche l’umiltà, ci fa scoprire, è una dote.
Ha saputo vivere, fare politica, essere unico e indimenticabile. È stato una persona migliore di tanti di noi. E di questo, a livello personale e collettivo, gliene sono grato. Perché ha indicato una via. Quella della capacità, dell’umiltà, del bene collettivo.
Ricordatevele queste parole. E, vi prego, ricordatemele. Perché Andrea ha vissuto. E non ha vissuto invano.
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