Attualità
25 Dicembre 2020
Intervista a Giorgio Piacentini, presidente della Quisisana, sull'importanza della responsabilità personale

Feste all’epoca del Covid. “In fondo dobbiamo essere sereni”

di Redazione | 7 min

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Comunicazione e responsabilità. E un pensiero che dobbiamo portarci dentro per affrontare per quanto possibile in modo sereno queste festività: che in fondo “ci è andata anche bene”.

A parlare a tutto campo di quanto stiamo vivendo da quasi un anno a questa parte è Giorgio Piacentini, presidente della Quisisana, storico ospedale privato accreditato di Ferrara che sta collaborando con il sistema sanitario regionale nell’affrontare l’emergenza Coronavirus.

Presidente Piacentini, siamo alla vigilia di un evento che si può definire storico nel campo della salute. Il 27 dicembre partirà la vaccinazione di massa contro il Covid-19

“Questa è una grande fortuna. I nostri ricercatori ci hanno sempre insegnato che è impossibile sintetizzare un vaccino prima di tre/cinque anni. Pensiamo solo all’Hiv, malattia che abbiamo studiato tantissimo ma contro la quale possiamo offrire solo la cronicizzazione della malattia. E invece oggi, in poche centinaia di giorni abbiamo diversi vaccini, già approvati, in America, in Inghilterra e in Europa”.

A chi dobbiamo il merito?

“Voglio sottolineare i valori di queste scoperte e quindi l’importanza di tante persone, di tanti ricercatori, giovani, assolutamente anonimi, che si sono dedicati probabilmente sin dall’inizio notte e giorno allo studio di questo vaccino. Ricordiamoci che già nei primi mesi di pandemia tutti i maggiori esperti mondiali parlavano di un percorso lunghissimo, di almeno due anni. E questa grande scoperta, questa grandissima fortuna che ci è capitata, non la dobbiamo assolutamente sprecare. Dobbiamo fare dei sacrifici affinché quella che forse sarà la più importante vaccinazione della storia dell’essere umano possa avere la maggior efficacia possibile. La vaccinazione deve avvenire quando l’individuo è in una situazione sanitaria normale. deve essere nel pieno delle sue forze, proprio per sfruttare il suo meraviglioso sistema immunitario”.

Se parliamo della più importante vaccinazione della storia dell’essere umano significa che siamo di fronte a uno dei più grandi problemi sanitari della storia dell’essere umano.

“Lo confermo. Ma non parlo di prima, seconda e probabile terza ondata. L’ondata è sempre quella. La seconda e la terza dipendono dai nostri comportamenti”.

Eppure è difficile pensare che le gente comune, senza specifiche cognizioni mediche, possa avere comportamenti conformi se gli stessi scienziati fanno dichiarazioni discordnati. Penso a una recente intervista de Le Figaro a Christian Perronne, professore di Malattie infettive in Francia, che sconsiglia l’uso del vaccino.

“La comunità scientifica mondiale doveva avere una linea comune. La comunità scientifica ha i luoghi dove parlare e questi luoghi sono i congressi scientifici. Qui si presentano i lavori delle varie scuole e se ne discute. Ci si confronta, magari ci si accapiglia, ma dopo si deve uscire con una linea comune. Ecco, dopo un lockdown durissimo che ha visto sacrifici immani da parte della popolazione mondiale, la comunità scientifica a mio modesto parere si è spaccata. Qualcuno diceva “apriamo”, qualcuno diceva “chiudiamo”, qualcun altro “apriamo un po’”. Indubbiamente noi abbiamo raggiunto con quel lockdown risultati molto buoni. Ma per far cosa? le vacanze? le feste in spiaggia? ln quel momento la comunità scientifica doveva dare indicazioni univoche. Presentarsi insieme ai governanti e dire che servivano altri sacrifici: apriamo un po’, vi indirizziamo, non siete dei bambini, avete delle responsabilità. E invece in quel momento lì la comunità scientifica si è spaccata: qualcuno ha detto addirittura che il virus era scomparso, qualcuno che si era attenuato. Io dico che dobbiamo sempre pensare alle strutture fondamentali di uno Stato. E una di queste è la scuola”.

Mi spieghi il passaggio.

“La scuola, forse sono un po’ antico, a mio parere deve essere fatta in presenza. Tutti gli strumenti che possono surrogare la presenza e far studiare i ragazzi durante il lockdown sono giustificati, ma per raggiungere lo scopo di tornare a frequentare in presenza. La scuola è esempio di socialità, ma soprattutto permette di scoprire i primi problemi dei ragazzi. I governi dovevano far capire, con il supporto degli scienziati, che serviva ancora della responsabilità per poter aprir il 16 settembre le scuole in tutta sicurezza. Senza scuola non esiste né presente né futuro”.

E invece l’estate non è stata regolamentata.

“La gente giustamente voleva uscire, l’economia era messa in maniera drammatica, il turismo – nostra grandissima ricchezza – a pezzi. In quel momento servivano indicazioni precise, non rivolte a dei bambini, ma a degli abitanti responsabili e il governo doveva adottare provvedimenti condivisi”.

È stata l’estate degli errori.

“Capisco che il governo si sia trovato di fronte a un cataclisma e a mio parere ha agito responsabilmente nella prima fase. Poi ci sono stati degli errori. Può capitare di fronte a un nemico con una forza d’urto tanto impressionante. Abbiamo visto i carri militari attraversare la nostra città nel silenzio spettrale e portare i nostri morti in cimiteri vuoti, senza fiori, senza niente. Abbiamo dimenticato quelle immagini. E dopo l’estate non si è parlata una lingua comune. Dei sacrifici parziali in estate ci avrebbero permesso di evitare in autunno la coda della prima ondata. Purtroppo non è andata così”.

Bisognava pensare anche a chi si è visto drasticamente ridotto il fatturato e a chi ha perso il lavoro.

“È chiaro che bisogna guardare a quella grossa fetta dell’economia dilaniata. Gli operatori economici tutti devono essere ristorati, altrimenti tra meno di un anno avremo un’altra situazione, altrettanto disperata. Quanto un teatro viene chiuso, quando un cinema viene chiuso, quando una attività storica fallisce, perdiamo un poco di noi. Con il debito pubblico che abbiamo non possiamo fare come la Germania che assicura un ristoro immediato dl 75% del fatturato. Saremo costretti a far pagare qualcosa alle generazioni future, ma se le generazioni future non avranno il substrato culturale, artistico e sociale che abbiamo avuto noi per crescere, saranno generazioni incompiute”.

Prima parlava di immagini dimenticate. Credo valga anche per medici e infermieri, passati nell’immaginario collettivo da eroi a normali funzionari sanitari.

“Non sono eroi, sono medici, infermieri e personale assistenziale che hanno scelto quando erano giovani di fare alcune delle più belle professioni del mondo, quelle di dedicarsi alla salute altrui. Si sono comportati come medici infermieri e operatori professionisti, con turni massacranti, senza soprattutto il conforto psicologico che normalmente si ha di poter guarire una persona. La più grande soddisfazione è trasformare un paziente in una persona sana. L’impatto psicologico quindi è devastante”.

Saranno loro i primi a vaccinarsi.

“È giusto che tutte queste persone che ogni giorno vanno nei reparti Covid, bardati come astronauti e che mettono cuore e anima in quel che fanno, siano i primi, proprio per evitare che queste persone vadano in burnout, in crisi. Guardiamo infatti in Svezia e Olanda, dove si stanno licenziando in massa. Anche per loro, per aiutarli ad assistere le persone che sono ammalate, noi dobbiamo fare un ulteriore sacrificio.

Ora un pezzo di quell’ulteriore sacrifico è passare le festività spesso lontani dai propri cari.

“La responsabilità è anche ricordare che i nostri morti per molti mesi sono stati seppelliti e non onorati. Non per colpa nostra, ma in quei mesi non abbiamo ottemperato a una missione dell’essere umano. Ancora adesso, in questo momento, un cadavere di un malato di Covid viene messo in un sacco con un po’ di amuchina, lontano dalle lacrime dei parenti. Ma in queste feste c’è anche un messaggio positivo”.

Vale a dire?

“Dobbiamo passare queste festività sereni, perché ci è andata forse bene che sia un solo natale che trascorriamo in questa modalità. Ci è andata bene grazie a decine e decine di ricercatori che hanno lavorato per noi in un laboratorio giorno e notte, mentre altre persone – medici, infermieri e operatori sanitari – hanno lavorato in maniera incredibile per curare gli ammalati che arrivavano dappertutto. Il problema è che il cervello è un organo meraviglioso, che si adatta alle situazioni, si abitua. Noi ci stiamo abituando a 800 morti al giorno. Se appena un anno fa qualcuno ci avesse prospettato questa strage saremmo sprofondati nella più cupa rassegnazione. E allora sfruttiamo queste belle cose che ci ha dato la natura, il nostro cervello, il nostro sistema immunitario, il nostro cuore e facciamo sì che la responsabilità ci faccia dire che è certo pesante passare così le feste, ma in fondo ci è andata bene”.

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