Lettere al Direttore
25 Novembre 2020

Utero in affitto: indegna mercificazione del corpo delle donne

di Redazione | 2 min

Si è diffuso, purtroppo ormai da tempo, un subdolo tentativo di interpretazione autoassolutoria nell’uso ambiguo di parole come ” dono  o ” autodeterminazione ” quando si affromta un tema drammatico e dirimente come la pratica , sempre più diffusa, conosciuta comunemente come ” utero in affitto “, o per chi vuole evitare una espresione giudicata troppo cruda, ” maternità surrogata “. Usciamo da questa ipocrisia.

In realtà non si comprende come possa essere interpretato come dono un contratto esclusivamente di tipo mercantilistico che vede ancora una volta la donna vittima di sfruttamento , violata nella propria dignità, privata della propria libertà , costretta dalla necessità, dovuta alla povertà, ad entrare nel meccanismo perverso di una sorta di ” industria della gestazione “, che calpesta, insieme, i diritti di chi mette a disposizione il proprio corpo come se fosse un semplice contenitore e della creatura che crescerà nel suo grembo, destinata ad un atto di cessione come un semplice oggetto, prodotto confezionato per assecondare il desiderio di una genitorialità a tutti i costi.

E’ una pratica disumana . Non si può giustificare ad oltranza che i traguardi raggiunti dalla tecnoscienza siano messi a disposizione per assecondare qualunque pretesa, in un pericoloso arretramento che segue una logica eminentemente individualista. Una rischiosa subalternità di molti ad un pericoloso relativismo etico che sta trasformando tutto in diritto.

Radicando in questo caso l’idea che esiste un “diritto al figlio “, indipendentemente dai mezzi per farlo nascere, dimenticando che l’oggetto dei desideri è una “persona” di cui non si possono calpestare i diritti, disponendone a proprio piacimento prima ancora del momento della nascita. Dobbiamo dunque avere il coraggio di denunciare come operazione eminentemente ideologica la falsa interpretazione altruistica che vuole le donne sempre e comunque pronte a qualunque atto di generosità, disconoscendo i drammi dolorosi che per lo più si celano nelle troppe che sono costrette ad una simile scelta.

Per non dimenticare, di fronte a questo abominio, la voluta amnesia di tutto un patrimonio acquisito nel tempo, attraverso anni e anni di studi, e sulla psicologia infantile e su tutto quanto c’è di umanamente straordinario nell’ intima relazione tra madre e figlio.

Fiorenza Bignozzi

Ande (Associazione Nazionale Donne Elettrici)

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