
Pasquale Longobucco
Come fossero scolaretti di giurisprudenza alle prime armi, gli esponenti del mondo politico e istituzionale sono stati richiamati a rispettare il principio giuridico di non colpevolezza dal presidente della Camera Penale Ferrarese, l’avvocato Pasquale Longobucco, dopo l’operazione contro la mafia nigeriana a Ferrara.
Longobucco si limita a far presente, nella sostanza, che i processi si fanno nelle aule di giustizia e che il principio richiamato dovrebbe guidare non solo l’intera società civile, ma a maggior ragione ogni buon amministratore.
“All’indomani dell’operazione denominata “Mafia nigeriana” – commenta Longobucco – spiace, debbo dire ancora una volta, leggere commenti provenienti dal mondo politico ed istituzionale caratterizzati da una visione colpevolista dei soggetti coinvolti, come se la responsabilità penale degli stessi fosse già stata accertata – senza riserva alcuna – nonché, soprattutto, già provati i fatti di reato”.
Il presidente della Camera Penale Ferrarese precisa di non voler entrare nel merito dell’operazione investigativa e nemmeno della polemica politica, ma di aver sentito l’obbligo di ripristinare, almeno dal punto di vista di una corretta informazione, “alcuni concetti e richiamare alcuni principi che dovrebbero caratterizzare una società civile, nonché guidare le esternazioni di chi è deputato a rappresentare le istituzioni politiche di questo Paese”.
La “lezione” di Longobucco è breve e concisa: “Siamo ancora nella fase delle indagini e, sebbene alcuni degli indagati siano stati posti in arresto, tutte le ipotesi di accusa devono essere ancora confermate: prima che nella fase dibattimentale del processo – luogo naturale ove la prova si forma – nella fase che riguarda l’eventuale conferma delle misure cautelari applicate. Ebbene, parlare di “mafia nigeriana” in termini di certezza ed attribuire ad ognuno degli indagati l’etichetta di “criminale” di “mafioso”, senza una compiuta verifica processuale, oltre ad essere prematuro, errato e non veritiero, è, soprattutto, gravemente frustrante il principio di non colpevolezza dell’accusato. Circostanza ancor più grave se tali affermazioni arrivano da coloro che dovrebbero non solo rappresentare le istituzioni ma anche rispettarle e farle rispettare. Eppure le esperienze giudiziarie che hanno caratterizzato questo Paese dovrebbero invitare alla prudenza. Evidentemente, nemmeno la roboante inchiesta denominata “Mafia capitale” e gli esiti della stessa, sono serviti da lezione”.
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