Attualità
29 Settembre 2020
In generale gli inquinanti (tranne il particolato) sono scesi per poi risalire con le graduali riaperture in tutto il bacino padano

La qualità dell’aria prima e dopo il lockdown

di Redazione | 5 min

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Nei mesi di febbraio e marzo le emissioni di inquinanti sono diminuite in maniera decisa, per poi cominciare gradualmente a crescere con l’allentamento del lockdown, fino a tornare su livelli pressoché normali. Le emissioni di ammoniaca, invece, non hanno subito significative variazioni, visto che l’agricoltura non è stata interessata dalla serrata general. Le emissioni di particolato, infine, hanno registrato una riduzione inferiore rispetto a quelle degli inquinanti, registrando un picco ad aprile, a causa dell’aumento del consumo generato dal riscaldamento domestico in modo differenziato da regione a regione, in funzione della diffusione della biomassa.

È la sintesi dell’analisi realizzata da Life PrepAir, il progetto europeo che si occupa di politiche della qualità dell’aria nel bacino padano e che ha come partner le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e relative Arpa, la Provincia Autonoma di Trento, Arpa Valle d’Aosta, le municipalità di Milano, Torino e Bologna, ART-ER, Fondazione Lombardia Ambiente e l’Agenzia per l’Ambiente della Slovenia.

Il progetto sta seguendo ormai da mesi, in maniera approfondita, il tema del rapporto tra l’emergenza coronavirus e l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana: considerato che la crisi sanitaria causata dal Covid-19 e le conseguenti misure di contenimento adottate hanno generato una drastica riduzione di alcune tra le principali sorgenti di inquinamento atmosferico.

Nel corso della primavera era stato elaborato un primo report di approfondimento sulla correlazione tra misure adottate nelle settimane di emergenza coronavirus e qualità dell’aria, presentato ufficialmente a giugno. La ricerca è proseguita nei mesi successivi, e oggi sono disponibili i risultati del secondo rapporto, che articolano ulteriormente quelli presentati a giugno.

Lo studio prende in esame i primi cinque mesi dell’anno 2020, quindi il periodo che comprende la diffusione della pandemia, l’attivazione progressiva delle misure di contenimento e le fasi 2 e 3 di riapertura graduale delle attività socio-economiche sul territorio nazionale e di bacino padano. In particolare, il rapporto si è occupato principalmente di tre aspetti e delle loro interazioni: la valutazione della variazione delle emissioni inquinanti causate dalle misure di lockdown, le concentrazioni di inquinanti misurate dalle stazioni di monitoraggio e le condizioni meteorologiche del periodo.

L’analisi dei dati di emissione è stata condotta stimando le variazioni settimanali nel periodo che va da metà febbraio a fine maggio, in cui hanno trovato applicazione le misure per il contenimento dell’emergenza sanitaria, rispetto allo stesso periodo in condizioni normali, cioè in assenza di provvedimenti. Per quanto possibile lo studio ha cercato di effettuare valutazioni per ogni settore di sorgenti emissive con metodologie omogenee, compatibilmente con i dati a disposizione per il settore considerato

Per stimare l’impatto delle misure di contenimento sulla qualità dell’aria che respiriamo, si deve confrontare lo scenario reale con uno scenario ipotetico “No-lockdown”, cioè con la situazione che si sarebbe verificata in assenza di limitazioni della mobilità individuale e di molte attività. In questo studio, lo scenario reale è dato dalle misure delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria; mentre lo scenario “No-lockdown” – che non è direttamente misurabile – è stato ricostruito con specifici modelli chimici e di trasporto, simulando la qualità dell’aria su tutto il nord Italia nei primi mesi del 2020. Va aggiunto che nel report è stata impostata una metodologia per valutare il contributo relativo dei provvedimenti di smart working alle variazioni emissive legate alle diverse misure.

Secondo lo studio le concentrazioni di inquinanti gassosi (NO, NO2, benzene) sono diminuite coerentemente con le emissioni degli stessi. Le concentrazioni di particolato mostrano una dinamica più complessa a causa dell’origine mista (primario più secondario) e del ruolo del meteo. Durante il lockdown sono stati registrati alcuni picchi con superamento delle concentrazioni limite di 50 μg/m3, tutti avvenuti in periodi e aree caratterizzate da meteo stabile favorevole alla concentrazione di particolato

In conclusione, l’analisi dei risultati del lockdown è stata un’occasione per verificare la validità delle valutazioni fatte dal progetto Life Prepair sugli effetti della piena applicazione delle misure previste dai piani aria delle regioni e dagli accordi interregionali e nazionali, confrontandole con i dati raccolti nel periodo lockdown. Questi risultati sembrano confermare la strategia dei piani di qualità dell’aria adottati dalle Regioni e Province autonome del Bacino del Po, oltreché degli accordi interregionali, incentrata su interventi plurisettoriali e multi-inquinante a larga scala. In particolare, i risultati dello studio, seppur preliminari, portano a confermare alcuni punti chiave della pianificazione:

Il raggiungimento degli obiettivi europei di qualità dell’aria rende necessario conseguire riduzioni delle emissioni di NOX dell’ordine del 40%. Queste variazioni sembrano essere sufficienti per ridurre la concentrazione in aria di NO2 e confermano la necessità di agire sul settore dei trasporti attraverso azioni finalizzate alla diminuzione consistente dei flussi di traffico ed alla promozione di modalità di spostamento più sostenibili (mobilità ciclistica, elettrica, micro-mobilità, ecc.).
La riduzione delle emissioni di NOX dell’ordine del 40% sull’intera pianura padana, accompagnata da una riduzione delle emissioni di PM primario dell’ordine del 20%, può non essere sufficiente, nelle condizioni meteorologiche di stagnazione tipiche della pianura padana, a garantire il rispetto del valore limite giornaliero e annuale. Sono quindi necessarie misure che consentano di ridurre maggiormente le emissioni di PM10 primario, in particolare nell’ambito del riscaldamento degli ambienti. È inoltre necessario agire anche sulle emissioni dei precursori non direttamente legate al settore dei trasporti, come l’ammoniaca derivante dalle attività agricole/zootecniche.

Nella terza parte dello studio è stato programmato di approfondire le analisi in modo da verificare e consolidare queste conclusioni preliminari attraverso l’analisi della composizione del particolato, che permetterà di stabilirne con maggiore precisione l’origine. L’obiettivo dello studio nel suo complesso è fornire ai decisori una base conoscitiva sempre più solida per impostare la prossima fase di pianificazione in materia di qualità dell’aria.

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