Trasferita la detenuta trans che denunciò uno stupro di gruppo in carcere
La detenuta trans che ha denunciato di essere stata vittima di uno stupro di gruppo avvenuto in carcere a Ferrara è stata trasferita in un altro istituto penitenziario
La detenuta trans che ha denunciato di essere stata vittima di uno stupro di gruppo avvenuto in carcere a Ferrara è stata trasferita in un altro istituto penitenziario
Sulla A13 Bologna Padova, tra Altedo e Ferrara Sud verso Padova, è stata disposta la chiusura del tratto per un incidente al km 29, in cui è rimasto coinvolto un camion che si è ribaltato disperdendo parte del suo carico costituito da mangime
Sospettato di nascondere in casa un'arma, in realtà il suo alloggio era un nascondiglio di droga. È quanto emerso dalla perquisizione di un'abitazione di Ferrara, finita sotto la lente di ingrandimento della Procura del Tribunale per i Minorenni di Bologna
La Procura ha avanzato una richiesta di rinvio a giudizio per diciassette persone dopo la conclusione delle indagini da parte della Guardia di Finanza. Tra loro anche un imprenditore ferrarese
Sempre più delicata la situazione nel carcere di Ferrara, dove - negli ultimi giorni - il personale ha dovuto fare i conti con "tanti eventi critici". A denunciarlo sono Giovanni Battista Durante e Francesco Campobasso, segretario generale aggiunto e segretario nazionale del Sappe, il sindacato autonomo polizia penitenziaria
“Doveva essere prescritta anche una protezione a letto”. È la conclusione a cui il medico legale Antonio Regazzo è giunto nella sua consulenza tecnica sulla morte di Franco Mantovani, un anziano di 89 anni non autosufficiente e che soffriva di varie patologie, deceduto un mese dopo una caduta in una clinica privata cittadina.
Mantovani (la cui famiglia è parte civile nel processo rappresentata dall’avvocato Alessandro Gabellone) si ruppe il femore nella caduta, cosa che secondo il medico legale “ebbe un ruolo sicuramente” nel progressivo peggioramento delle condizioni dell’anziano anche se “si fa fatica a graduarne l’impatto”. Il motivo di questa fatica sta nel fatto che non è stata mai fatta un’autopsia: la denuncia arrivò troppo tardi, quando Mantovani era già stato sepolto. E a questo si aggiunge anche la fatica da parte della Procura nell’ottenere la documentazione necessaria.
Alla sbarra – accusata di omicidio colposo – c’è il medico che il 15 maggio del 2015 si occupò del ricovero di Mantovani. Secondo l’ipotesi accusatoria del pm Ciro Alberto Savino, la dottoressa, 66 anni, difesa dall’avvocato Claudia Pelà, non avrebbe seguito diligentemente le linee guida per i pazienti a rischio caduta, non prevedendo nello specifico misure di contenzione e protezione per il paziente allettato, ma solo per quando era seduto in poltrona.
Nel caso specifico, almeno secondo quanto spiegato dal consulente tecnico nell’udienza di mercoledì mattina, è difficile capire se il letto di Mantovani fosse munito o meno di spondine in entrambi lati o in uno solo (come sembra ricavarsi da un’annotazione infermieristica). In ogni caso, anche l’eventuale presenza di entrambe le spondine non sarebbe stata sufficiente, secondo l’esperto. Sarebbe stato necessario prevedere una fascia pelvica, nonché un controllo costante delle condizioni del paziente, altra cosa che sembra non essere avvenuta, mentre era stata rifiutata la proposta della figlia di rimanere in camera con lui proprio per assisterlo e vigilarlo.
Si ritorna in aula il 4 novembre, quando verrà sentita anche l’imputata.
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