Cronaca
24 Settembre 2020
Prosegue il processo per la morte di Franco Mantovani, alla sbarra un medico di una struttura privata

Anziano morto dopo caduta in clinica. Il consulente: “Serviva una protezione a letto”

di Daniele Oppo | 2 min

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“Doveva essere prescritta anche una protezione a letto”. È la conclusione a cui il medico legale Antonio Regazzo è giunto nella sua consulenza tecnica sulla morte di Franco Mantovani, un anziano di 89 anni non autosufficiente e che soffriva di varie patologie, deceduto un mese dopo una caduta in una clinica privata cittadina.

Mantovani (la cui famiglia è parte civile nel processo rappresentata dall’avvocato Alessandro Gabellone) si ruppe il femore nella caduta, cosa che secondo il medico legale “ebbe un ruolo sicuramente” nel progressivo peggioramento delle condizioni dell’anziano anche se “si fa fatica a graduarne l’impatto”. Il motivo di questa fatica sta nel fatto che non è stata mai fatta un’autopsia: la denuncia arrivò troppo tardi, quando Mantovani era già stato sepolto. E a questo si aggiunge anche la fatica da parte della Procura nell’ottenere la documentazione necessaria.

Alla sbarra – accusata di omicidio colposo – c’è il medico che il 15 maggio del 2015 si occupò del ricovero di Mantovani. Secondo l’ipotesi accusatoria del pm Ciro Alberto Savino, la dottoressa, 66 anni, difesa dall’avvocato Claudia Pelà, non avrebbe seguito diligentemente le linee guida per i pazienti a rischio caduta, non prevedendo nello specifico misure di contenzione e protezione per il paziente allettato, ma solo per quando era seduto in poltrona.

Nel caso specifico, almeno secondo quanto spiegato dal consulente tecnico nell’udienza di mercoledì mattina, è difficile capire se il letto di Mantovani fosse munito o meno di spondine in entrambi lati o in uno solo (come sembra ricavarsi da un’annotazione infermieristica). In ogni caso, anche l’eventuale presenza di entrambe le spondine non sarebbe stata sufficiente, secondo l’esperto. Sarebbe stato necessario prevedere una fascia pelvica, nonché un controllo costante delle condizioni del paziente, altra cosa che sembra non essere avvenuta, mentre era stata rifiutata la proposta della figlia di rimanere in camera con lui proprio per assisterlo e vigilarlo.

Si ritorna in aula il 4 novembre, quando verrà sentita anche l’imputata.

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