di Pietro Perelli
Si discute sul referendum costituzionale in casa Pd, con Marcella Zappaterra che espone le ragioni del sì e Sabrina Cherubini quelle del no presso il centro di promozione sociale Rivana Garden. Il popolo Pd, così come le due esponenti del partito che discutono sul palco, pare diviso, almeno stando al campione di circa cinquanta persone che partecipano alla serata. Il punto focale della divisione pare però essere politico più che tecnico sul quesito referendario.
“La questione secondo me è politica e non più istituzionale” dice uno degli intervenuti dal pubblico, aggiungendo di tifare “affinché il sì vinca non con tanto margine”. Questo per evitare una ripercussione del voto referendario sulla tenuta del governo dando, allo stesso tempo, un importante segnale affinché il taglio venga supportato da una serie di riforme strutturali che i democratici da sempre chiedono.
“Quello di domenica non è un referendum riformatore”, spiega Marcella Zappaterra, aggiungendo che voterà “sì perché può solo essere un punto di partenza”. “Nel no – spiega sempre la consigliera regionale – vedo la conservazione del sistema attuale” mentre afferma di essere “per la politica dei piccoli passi”. Non pensa che ci sia un rischio democratico e che ridurre il numero dei parlamentari non abbia niente di populista, anzi la capogruppo del Pd in regione, è convinta anche “perché la diminuzione del numero dei parlamentari la abbiamo in agenda da tempo”.
Diametralmente opposta la visione di Sabrina Cherubini che ravvisa “il pericolo di lasciare alle generazioni future una costituzione più fragile rispetto a quella che abbiamo ricevuto noi”. “Una delle argomentazioni, anche nel Pd – aggiunge – è che in fondo il taglio dei parlamentari fa parte della nostra storia” ma “quello che si contesta non è il taglio in sé quanto l’assenza di una riforma più strutturale”.
“La vera criticità – secondo Cherubini – è toccare il bicameralismo perfetto, un punto di partenza per ogni riforma costituzionale”. Secondo Marcella Zappaterra si tratta invece di un piccolo passo necessario per poter proseguire nelle riforme. “Se continuiamo a perdere referendum – dice – chi accetterà di fare un’altra riforma prima dei prossimi 30/40 anni?”.
Il vero punto dirimente, almeno internamente al Pd, non riguarda però risparmio o riforme quanto la tenuta del governo. Il dibattito principale ruota intorno a questo e alla paura di vedere vincere le elezioni alla coppia sovranista Salvini e Meloni.
“Questo no fa davvero male al Pd? – si chiede Sabrina Cherubini – Io penso di no” e “non penso che farà cadere il governo”. Il patto con i Cinque Stelle sarebbe infatti già stato onorato con l’ultima votazione alle camere mentre “questo no può essere molto utile al partito, una voce che si leva dalla base che può dire ‘noi pensiamo con la nostra testa’”. “Abbiamo bisogno di scriverla noi la nostra agenda politica”, conclude.
Marcella Zappattera invece vota sì perché crede “sia utile a questo governo”. “Preferisco – aggiunge – fare un pezzo di strada con i 5 Stelle piuttosto che rischiare un governo Salvini Meloni”. La paura è quella che con una vittoria del no “le minoranze tenteranno la spallata al governo” nonostante lo sforzo debba comunque andare nella direzione “di mantenere in piedi il governo”.
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