Copparo
10 Settembre 2020
a cerimonia di intitolazione si è tenuta mercoledì 9 settembre nel giorno del 15° anniversario del tragico incidente che si portò via il 22enne

L’area verde di Tamara ora è il parco ‘Marco Coletta’

di Redazione | 4 min

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L’area verde di Tamara ora è il parco comunale ‘Marco Coletta’. La cerimonia di intitolazione si è tenuta mercoledì 9 settembre nel giorno del 15° anniversario del tragico incidente che si portò via il 22enne, morto nel canale che costeggia via Raffanello a Baura di Ferrara, all’epoca non protetto da guardrail.

Il presidente del consiglio comunale Alessandro Amà ha aperto la mattinata con i saluti e al nome di Marco Coletta ha affiancato le 35 vittime tamaresi di incidenti stradali: Federico Albertin, Davide
Alberghini, Gianni Amà, Marco Bonsi, Ezio Bruni, Giuseppe Bruni, Masino Bruni, Gian Carlo  Campi, Johnson Campi, Selustio Canetti, Emanuele Cristofori, Gianni Faccini, Alberto Farina, Ivo  Farina, Giordano Farina, Claudio Furini, Marco Guerra, Enrico Leonardi, Adriano Malossi, Secondo Marchi, Daniel Milani, Iris Mongiusti, Mario Morelli, Maria Muzzi, Paolo Orlandini, Ario Pavanati Iler Pesci, Gian Franco Romagnoli, Gianni Rossi, Lucio Trentini, Alvaro Zambelli e Viterbo  Zucchini, a cui è stato unito Luciano Castellani.

«L’intitolazione di oggi possa diventare il simbolo della sofferenza e del martirio nel ricordo di Marco Coletta e di tutte le vittime dirette e indirette legate all’incidentalità stradale, affinché le istituzioni mantengono alta l’attenzione sulle tematiche della sicurezza stradale, prodigandosi in modo concreto al fine di prevenire incidenti ed eventi luttuosi. Non conoscevo Marco personalmente: l’ho conosciuto attraverso la lettura de ‘La strada di Marco’ – ha affermato il sindaco Fabrizio Pagnoni – Sono rimasto colpito dalla limpidezza e dalla semplicità di un ragazzo che, suo malgrado, è diventato un simbolo, legato alla problematica reale della sicurezza stradale.  continueremo dunque, anche nel suo nome, il nostro impegno per contrastare il fenomeno della
mortalità sulle strade. Anche l’intitolazione di quest’oggi vuole essere un piccolo ma concreto gesto per testimoniarlo e perché tutti coloro che entreranno nel parco e leggeranno la targa possano avere un pensiero per Marco e per le altre vittime della strada e per ciò che ciascuno, pur nel suo piccolo, può fare per evitare simili tragedie».

Quindi la testimonianza della mamma di Marco, Antonietta Finotti, particolarmente emozionata per l’iniziativa e per il caloroso abbraccio riservato alla famiglia. «Grazie infinite al Comune di Copparo che ha voluto questa intitolazione: io e mio marito ne siamo orgogliosi. Dopo 15 anni dalla morte di Marco vediamo qualcosa di tangibile, che resterà nel tempo e che aiuterà chi lo vorrà a capire perché Marco è diventato un simbolo. Purtroppo la sicurezza stradale è una pecca del nostro Paese e Marco ne è stata vittima. Noi abbiamo portato la nostra battaglia fino a Strasburgo e ne siamo usciti con le ossa rotte, ma se il nome di Marco è scritto su questa lapide nel nostro paese vuol dire che qualcosa ha rappresentato e se il suo sacrificio ha salvato altre 11 vite non è stato vano».

Quindi la scopertura della lapide, alla presenza delle autorità civili e militari e con la benedizione di don Alberto Tani, che ha ricordato come «i nomi di Marco e delle altre vittime della strada sia scritto nei nostri cuori e nel cuore di Dio, che è Dio della vita non della morte. Ciò ci sia d’ispirazione per un cammino di crescita della consapevolezza verso i nostri fratelli».

Commossi i ricordi degli amici Stefano Curti, Rita Melloni e Cristina Urrata. E significativa la testimonianza da parte dell’ex presidente del Comitato Paglierini, Luigi Ciannilli: «Questa provincia è al top per il numero di morti ogni 100.000 abitanti: dal 2005 si sono contate 1289 vittime, con l’ultima dell’incidente a Boara; 88 sono morte contro platani non protetti, 48 sono annegate nei canali che costeggiano la rete viaria, 73 in bicicletta. Il comitato ha chiuso perché inascoltato, ma sarebbero importanti le azioni che erano state proposte come l’educazione stradale condotta anche nei luoghi di lavoro, non solo nelle scuole dove ha contribuito a diminuire le morti del sabato sera, l’istallazione di velox, l’abitudine a indossare kit luminosi in bicicletta, una prevenzione vera e seria anche per i pedoni».

«Non diamo questi numeri per scontati – ha rimarcato Patrizio Bianchi, allora rettore di Unife, a cui Marco era iscritto e che gli ha dedicato un riconoscimento -. Questa iniziativa è l’espressione di come un dolore possa agire nel tentativo di ridurre il dolore degli altri. È importante quando il ricordo diventa un’azione collettiva, un pezzo di comunità, che non può accettare simili sacrifici».

Infine la ripresentazione del libro di Nicola Bianchi ‘La strada di Marco’. Mamma Antonietta ha parlato della battaglia legale che li ha portati fino a Strasburgo come di «un’azione che ha sentito di fare perché Marco credeva nella giustizia: hanno tentato di fermarmi, ma lui lo meritava». «Penso che il suo sacrificio ha salvato 11 vite e che se qualcuno l’avesse condotta prima Marco forse sarebbe ancora qui con noi». Il papà Daniele Coletta ha confermato di non avere avuto giustizia rispetto alla loro volontà di «sapere perché Marco è morto e se doveva proprio morire. Si è trattato di una battaglia nel nome di mio figlio, ma per tutti».

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