Economia e Lavoro
30 Luglio 2020
Filctem, Femca e Uiltec auspicano una mediazione delle istituzioni per favorire un avvicendamento di proprietà, come avvenne nel 2018 con Vinyloop

Celanese, “il primo vero banco di prova per l’amministrazione Fabbri”

di Ruggero Veronese | 3 min

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Per salvare i 67 posti di lavoro del sito Celanese in via Marconi e il “delicato equilibrio economico e produttivo” del petrolchimico ferrarese è necessario l’intervento di tutti i soggetti anche indirettamente coinvolti: le istituzioni pubbliche in primis – e in particolare Comune e Regione -, ma anche le associazioni imprenditoriali e tutte le aziende che potrebbero subire “l’effetto domino della chiusura del centro produttivo”.

È questo il messaggio lanciato dai sindacati Filctem (Cgil), Femca (Cisl) e Uiltec (Uil), che all’indomani dell’annuncio del trasferimento delle attività a Forlì da parte dell’azienda Celanese, e in seguito all’assemblea straordinaria coi lavoratori in mattinata, hanno incontrato la stampa per illustrare la situazione e le prossime iniziative sindacali.

Iniziative che cominceranno proprio incontrando l’amministrazione comunale giovedì mattina (30 luglio) per studiare un percorso comune: “Per la giunta questo è il primo vero banco di prova, la prima crisi aziendale – afferma Vittorio Caleffi della Uiltec -, e ci auguriamo che prenda in carico questo problema che potrebbe avere ricadute molto pesanti sul petrolchimico”. In via Marconi infatti i materiali prodotti nel sito di Celanese all’interno del petrolchimico vengono ulteriormente lavorati, ma uno spostamento di questo ‘step’ produttivo a Forlì potrebbe modificare le strategie della società, che potrebbe “interrompere la fornitura interna e rivolgersi al mercato”.

Da qui le ricadute sul sito interno al petrolchimico “che nel giro di 6-8 mesi potrebbe rischiare a sua volta la chiusura”, e di conseguenza anche l’effetto domino per le altre aziende nel principale polo industriale ferrarese: “Si tratta di almeno il 5% dell’attività di tutto il petrolchimico, e se venisse a mancare avrebbe ricadute sui costi che le altre società nel consorzio Ifm si trovano a sostenere”.

da sinistra: Vittorio Caleffi (Uiltec), Luigi Baiano (Femca) e Fausto Chiarioni (Filctem)

L’auspicio dei sindacati è che anche la nuova amministrazione provi a facilitare un avvicendamento con una diversa società nello stesso sito produttivo, come avvenne circa due anni fa con la Vinyloop che anche per effetto della mediazione del Comune trovò un acquirente nella società Benvic.

“Per quanto si tratti di un’operazione complicata non è utopistico pensare a un avvicendamento – afferma Fausto Chiarioni della Filctem -, come avvenne in passato anche grazie al ruolo delle istituzioni. Ma anche le altre aziende del petrolchimico hanno possibilità di incidere, anche attraverso una semplice telefonata, e dovrebbero avere un grande interesse nell’evitare un allontanamento della filiera produttiva e un impoverimento del polo. Quando nacque il consorzio Ifm (nel febbraio 2002, ndr) c’era una visione di insieme sul petrolchimico di Ferrara, che poi nel corso degli anni è venuta a mancare”.

Non manca poi una critica diretta alle strategie della Celanese e alle modalità con cui è stata comunicata la notizia della dismissione, definita da Luigi Baiano (Femca) “piuttosto fredda e cinica, che non lascia alcuna vera possibilità di salvare il patrimonio professionale del sito”. Secondo Baiano infatti la Celanese ha aperto alla possibilità di un trasferimento dei lavoratori a Forlì, ma per i sindacalisti si tratta di una “soluzione che nella pratica sarà improponibile per i lavoratori, se escludiamo forse alcune figure dirigenziali”.

La decisione annunciata da Celanese segue del resto la linea che il gruppo sta percorrendo anche a livello internazionale: i sindacati spiegano infatti che oltre al sito di Ferrara è stata annunciata la chiusura (con spostamento delle attività a Forlì) anche per due siti in Germania, a Keiserslautern e Wehr, anch’essi specializzati in attività di compounding.

“Dopo l’acquisto da parte della proprietà americana – afferma Chiarioni -, il gruppo si è focalizzato sulle grandi produzioni, tralasciando quelle più focalizzate sulle richieste dei singoli clienti che negli anni precedenti avevano portato a una forte espansione. A parte le dichiarazioni di intenti la nuova proprietà non ci ha mai presentato un vero piano industriale”.

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