Attualità
15 Marzo 2020
Il medico Michele Franchi, specialista in igiene e prevenzione ci aiuta capire meglio cosa stiamo affrontando e cosa ancora dobbiamo aspettarci

Coronavirus. “La battaglia si può vincere, ma dobbiamo fare i bravi”

di Redazione | 6 min

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Il medico Michele Franchi

Serve uno sforzo collettivo e di lunga durata, facendo tutti delle rinunce, anche grandi purtroppo, per far calare il numero di contagi da coronavirus Sars-CoV-2, dare respiro al sistema sanitario e resistere alla tentazione di riprendere subito la vita di prima, nell’illusione che, passato il peggio, tutto sia definitivamente risolto. Solo così quella che stiamo affrontando sarà una battaglia che si potrà vincere. Michele Franchi, medico specialista in igiene e medicina preventiva ci aiuta a fare il punto della situazione e capire meglio cosa stiamo affrontando e cosa ancora dobbiamo affrontare.

Dottore, quale situazione ci aspetta nei prossimi/giorni settimane? Sarà raggiunto il picco?
Il virus finora ha colpito circa 20 mila persone (probabilmente qualcosa in più visti i casi asintomatici). Ce ne sono però ancora oltre 59 milioni che può contagiare: il suo “picco”, se non ci fossero misure restrittive, sarebbe lontanissimo e fatto di milioni di nuovi casi a settimana.
Abbiamo però tutti noi, insieme, la possibilità di creare un “picco” diverso, dipende dai i nostri piccoli-grandi sacrifici, dalle nostre rinunce: se evitiamo egoismi, contatti inutili, uscite non essenziali, furberie varie, il famigerato “picco” arriverà probabilmente tra 7-10 giorni e poi vedremo finalmente il numero di nuovi casi/ricoveri calare. I nostri sanitari stremati potranno tirare un po’ il fiato e anche noi, piano piano, tornare ad una vita normale. Ma lo ripeto: dipende solo dalla sommatoria di tanti piccoli sforzi che ciascuno di noi deve cercare di fare.
I giorni che abbiamo di fronte, specie in termini di tenuta del sistema sanitario, saranno comunque i più difficili: le nuove diagnosi sono conseguenze delle superficialità delle scorse settimane, in cui gli italiani hanno popolato spiagge, piste da sci, viali delle città e pub.

Gli italiani sembrano aver capito finalmente la dimensione del problema. Si è perso tempo prezioso nelle scorse settimane?
Passare da una vita normale, fatta di viaggi e contatti, ad una sorta di quarantena collettiva non è facile e non può essere realizzato da un giorno all’altro, specie in un paese democratico e occidentale. Purtroppo le posizioni di alcuni colleghi (“coronavirus come influenza”, “non si muore per il virus ma con il virus”), hanno tranquillizzato la popolazione che non aspettava altro che pareri a cui appigliarsi per continuare una vita normale. Anche i politici e gli amministratori -di tutti i partiti e a tutti i livelli – non hanno capito la dimensione enorme del problema, tentando di rilanciare la vita economica delle città e promuovendo ingressi gratuiti a musei, aperitivi ecc. In tempo di epidemia si tratta di errori imperdonabili.

Anche a Ferrara i casi aumenteranno?
Come abbiamo già detto, i nuovi casi di questi giorni sono conseguenza di contagi avvenuti una-due settimane fa, quando ancora le persone non avevano ben capito cosa avessero di fronte. I casi aumenteranno quindi anche a Ferrara, seppur non in modo così importante. Le nostre zone (Ferrara e Rovigo) hanno visto una circolazione particolarmente limitata del virus, per l’esiguo spostamento di persone da e verso le aree più colpite. Questo però non significa possiamo permetterci atteggiamenti superficiali o deroghe dalla massima prudenza necessaria.

Quanto tempo ci vorrà per tornare ad una vita normale? Soprattutto, è davvero possibile pensare di sconfiggere il virus?
In una fase di netta crescita dei casi parlare di ritorno alla vita normale appare particolarmente affrettato, così come è utopistico pensare di ritrovarci a fare grandi aperitivi il 4 aprile. Servirà più tempo. La battaglia contro il virus si può comunque vincere, in Cina ieri sono stati registrati solo 4 nuovi casi autoctoni: le misure restrittive messe in atto dal governo e la grande applicazione della popolazione nel rispettare le regole hanno sortito effetti incredibili. Anche i dati delle nostre ex zone rosse (Vo’ e Codogno) fanno ben sperare, con i nuovi casi praticamente azzerati. Insomma, se “facciamo i bravi” può davvero tornare tutto come prima.
Ciò che mi spaventa è piuttosto il rischio che venga riaperto tutto troppo presto, sulla spinta delle forze economiche che legittimamente vorranno ripartire e dei cittadini esasperati dal depauperamento della loro qualità di vita. Se cederemo a queste pressioni senza aver azzerato i casi, ogni sforzo che stiamo facendo sarà vano: il virus ci metterà poco a passare da 20 a 2000 nuovi contagiati. Nel caso Italia diventasse “Covid-free”, anche il “contagio di ritorno” dall’estero sarà un problema: occorrerà imporre quarantene non solo fiduciarie per i viaggiatori, anche cittadini italiani, provenienti da zone in cui la malattia non è stata debellata. Penso ad apposite strutture (caserme o anche alberghi) in cui chi arriverà dovrà trascorrere i canonici 14 giorni. Il tutto finché un vaccino efficace non chiuderà definitivamente la partita. Tutti questi ragionamenti sono però problemi di domani, oggi dobbiamo solo stare in casa.

Gli altri paesi Europei sembrano in ritardo nell’applicare misure preventive. Siamo stati noi troppo drastici?
No. Siamo stati colpiti prima e, seppur con qualche titubanza, abbiamo intrapreso la strada giusta. Per una volta siamo noi l’esempio da seguire e gli altri paesi ci stanno imitando, chi prima, chi dopo. Mi lascia francamente sconvolto la posizione inglese di non introdurre particolari misure di contenimento: le parole di Boris Johnson “preparatevi a perdere alcuni vostri cari” fanno raggelare il sangue. Dal momento che non è escluso il virus possa dare reinfezioni nei guariti, costruire un’immunità di gregge sacrificando centinaia di migliaia di persone fragili rischia di essere peraltro anche assolutamente inutile. Credo alla fine sarà la stessa popolazione a rinchiudersi in casa per proteggersi, indipendentemente dalle decisioni dei singoli governi.
I medici di tutto il mondo stanno testando nuovi farmaci e vaccini contro il virus.

È possibile si arrivi a una sorta di “antidoto” in grado di risolvere la situazione in tempi brevi?
Scordiamoci una svolta rapida legata alla scoperta di un nuovo farmaco o vaccino. Si stanno testando contro il virus farmaci di ogni tipo (anitmalarici, antivirali, antiinfiammatori): nell’eventualità funzionassero servirebbero al massimo a mitigare il decorso della malattia e non ad impedire nuovi contagi. Anche il vaccino richiederà tempi lunghi: ci sono fasi indispensabili prima della messa in commercio per verificarne sicurezza ed efficacia, fasi che dureranno mesi.

Se avessi sintomi sospetti (febbre, tosse) cosa devo fare?
Stare in casa e limitare i contatti il più possibile. Chiaramente non andare al lavoro. Se i sintomi dovessero peggiorare con comparsa di difficoltà respiratoria, chiamare telefonicamente il proprio medico o i numeri dedicati, non recarsi al pronto soccorso. Va sottolineato come siamo ancora in piena epidemia influenzale, con circa 200-400 mila casi settimanali in Italia: statisticamente è quindi più probabile, specie a Ferrara, che la nostra febbre/tosse non sia da Coronavirus. Occorre però che ciascuno di noi la gestisca sempre con estrema prudenza, per non contagiare colleghi, amici, familiari.

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