Du iu śpich frares?
12 Febbraio 2020

Piccole storie dei nostri dialetti

di Maurizio Musacchi | 7 min

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Floriana Guidetti: storia condensata delle parlate in provincia di Ferrara. Ho chiesto alla professoressa Floriana Guidetti di regalare a me e a tutti gli appassionati di dialetto ferrarese un concentrato di ciò che ha realizzato, con altri insigni studiosi dialettologi, concernente i dialetti della Provincia di Ferrara e in special modo del ferrarese. Con la sua consueta disponibilità, ha acconsentito e facendosi aiutare in famiglia ha realizzato il filmato che vi propongo, un piccolo capolavoro sintetico. In pochi minuti ci spiega il lavoro di anni di studi, approfondimenti, discussioni riguardanti il nostro dialetto. Che dire? Brava e… grazie.

P.S. Permettete un commento extra. Mi hanno chiesto perché ritengo siano importanti i filmati-parlati. Fra l’altro, un signore mi ha comunicato di un suo conoscente cieco, che apprezza molto il fatto di sentire il suo amato dialetto, che purtroppo, non riuscirebbe a leggere naturalmente: Questa è una cosa che mi gratifica molto.

Piccole storie dei nostri dialetti (di Floriana Guidetti)

Quali dialetti si parlano nella nostra provincia?

Nella cartina, all’inizio del Saggio di Grammatica, sono riportate, con colori diversi, le otto consistenze dialettali presenti nel territorio ferrarese. E’ comprensibile che le aree perimetrali riguardino forme dialettali che presentano significative interferenze linguistiche con gli altri dialetti contermini. A parte il dialetto di Comacchio, da considerare a sé stante, l’argentano accoglie elementi fonetici e lessicali del romagnolo, il centese quelli del bolognese, l’alto bondenese quelli del mantovano, il mesolano quelli del vicino Veneto e così via.

Non va dimenticato che nel territorio dei diciotto comuni della provincia di Ferrara la parlata ferrarese non è ovviamente uniforme, nel senso che le intonazioni presentano differenze, piccole o grandi, e i vocaboli possono mancare in un distretto per essere presenti in un altro. I distretti nei quali si colgono elementi di maggiore rilevanza sono il portuense-marrarese, il copparese (col basso ferrarese), l’alto ferrarese e il cittadino. Nel primo le intonazioni sono di chiara antichità e risultano più aderenti alla derivazione dal latino, quello cittadino e delle aree adiacenti ha sviluppato i modi ingentiliti che gli sono derivati dalle opportunità culturali.

Si può completare il discorso osservando che, nel corso dei secoli, il ferrarese, pur visto per distretti di certa ampiezza, si è adattato alle peculiarità locali, strumentali e storiche presenti in ogni comune, per cui si notano differenze da luogo a luogo, di certo non attribuibili ad etnie diverse, ma all’evoluzione del linguaggio, ad esempio fra una zona di prevalente cerealicoltura rispetto ad una più zootecnica, di diffuso bracciantato rispetto ad una dove vigeva la piccola proprietà, ecc.

Quali sono le origini del dialetto ferrarese? (cartina da De Mauro,Lodi – Lingue e dialetti – Ed. Riuniti – Roma 1979)

Si può vedere che la zona dell’attuale ferrarese è all’interno di quella nella quale si era avuta la dominazione Gallica, e troppo spesso e frettolosamente anche il DF è stato catalogato tra i Gallo-Italici. In realtà il nostro territorio, allora malsano e paludoso, non poteva aver ospitato insediamenti Celtici tanto consistenti da costituire un sostrato linguistico per i coloni romani del periodo successivo. In recenti studi sui reperti gallici in particolare nel saggio di P. Agostinetti, ‘Celti d’Italia’, Roma 2004, viene fatto un censimento degli insediamenti celtici in Italia e non emergono presenze significative nel ferrarese.

Dal punto di vista fonetico basti pensare alla conservazione della a latina della I coniugazione del DF (cantàr, lauràr ecc.) che lo distingue dai gallo-italici dove invece viene mutata in e (es. bolognese cantèr, laurèr ecc.). L’autorevole linguista Gaziadio Isaia Ascoli già più di un secolo fa diceva che questa ‘a’ è proprio la ‘spia’ che fa capire se vi è stata o no l’influenza Celtica e lo ricorda anche Carla Sanfilippo nel suo saggio “Lingua e dialetti d’Italia”, parlando dei dialetti settentrionali che hanno risentito del substrato celtico, dicendo appunto ‘esclusa Ferrara’.

Possiamo osservare subito che il contesto linguistico del ferrarese è da vedersi proprio nell’ambito dell’insediamento di quella compagine latina, attestata prima di tutto dagli importanti ritrovamenti di Voghiera-Voghenza, Portomaggiore e Bondeno, senza poi tralasciare quelli sporadici ma ugualmente significativi che riguardano i sarcofagi venuti alla luce lungo percorsi secondari.

Ottorino Bacilieri, nella prefazione al “Saggio di Grammatica Comparata del Dialetto Ferrarese” (Baiolini-Guidetti) Ed. Cartografica FE 2005, pag. IX scrive: “La prima vera organizzazione civile del territorio ferrarese risale all’epoca romana, quando sperduti villaggi gallici sorti sulle rive dei numerosi corsi d’acqua del delta vennero dotati di strade e forme di espressione portate dall’espansione romana. La romanizzazione del territorio fu completata parecchi anni dopo il resto dell’Emilia e l’affermazione dei centri come Voghenza e Bondeno risale alla primissima età imperiale. La Storia, l’archeologia e le sue scoperte vengono così a sostegno della linguistica ed è felice l’intuizione di legare il ferrarese al latino orale, scoprendo che le radici della nostra parlata affondano lungo le possibili direttrici della colonizzazione romana, di cui Voghenza fu l’espressione più compiuta, diventando dopo l’esperienza romana, il centro cristiano più importante dell’area, sino alla nascita di Ferrara”.

Quindi risulta che il territorio ferrarese è stato popolato con le ultime compagini fra il II e il I sec. a.C., cioè per ultimo. Questa coincidenza può essere spiegata appunto con l’assetto impervio ed inospitale di un territorio paludoso, di terre solo in parte emerse. Ed è su queste, cioè dalla parte portuense e poi marrarese, che la penetrazione può aver avuto inizio, per estendersi, con le opere di bonifica, forse avviate da compagini etrusche, alle altre terre del ferrarese e lungo gli spalti fluviali, fino a nord del Volano, nell’ambiente di influenza veneta.
Perciò il nostro dialetto è da intendersi come l’evoluzione del Latino orale ovvero il dialetto latino di quei coloni romani che si insediarono nelle nostre zone.

Quali sono le caratteristiche che permettono di individuare la parlata ferrarese?

Nella prefazione all’edizione del Vocabolario del Dialetto Ferrarese 2004, la Prof. Sanfilippo, Docente di Dialettologia dell’Università di Ferrara riporta che sarebbe sufficiente a demarcare la zona del dialetto ferrarese (quella di colore arancione sulla cartina) “l’isoglossa caratterizzante dell’esito palatalizzato di –IA e di –ELLI nel dittongo -ié (FAMILIA>famié, VIA>vié, FRATELLI>fradié), associata ad altri tratti più genericamente settentrionali o emiliani”.

Questo dittongo ié o jé rappresenta davvero un ‘biglietto da visita’ del nostro dialetto, citato da Francesco Coco nel suo saggio “Il dialetto di Bologna” – 1970, come tipico di un dialetto confinante, è presente non solo in fine di parola come negli esempi sopra riportati, ma anche entro parola, in condizioni particolari dove la -e- diventa -ié- e la -o- diventa -uó-

Dal latino al dialetto ferrarese, alcuni esempi di dittonghi:

ié                                                                                                               uó

lepore(m)>(a)liévar lepre, in DF maschile                                     coquĕre>cuóśar cuocere
febre(m)>fiévra febbre                                                                        borea>buóra ‘bora’ (‘ventofreddo’ )
faece(m)>fiéza feccia                                                                           storea>stuóra stuoia
spaera(m)>spiéra un piccolo raggio di luce                                    boves>buó i buoi
pecora>piégura pecora                                                                       coxa>cuósa coscia

Quali altri elementi caratterizzano il dialetto ferrarese?

alterazione spontanea o di posizione, quella che attenua le vocali che perdono l’accento:
mi a cór > mi a curéva,
mi a lèź > mi a liźéva, (mi alźéva)
pòrta > purtìna, |
|
oppure ne provoca la caduta con subentro di a eufonica:
mi a créd > mi a cardéva
lignarium > algnàr,
dominica > adménga

metafonesi, che determina il dittongo ié e pure muta la vocale nei plurali maschili:
sgnór > sgnùr, caplét > caplìt
bóη > buη, póm > pum

non ci sono ‘doppie’ ecc. ma sarebbe un’altra storia…

DA: CARTINA DEI DIALETTI ITALIANI. ZINGARELLI- IL COLORATO IN GIALLO SI RIFERISCE AL DIALETTO FERRARESE

La professoressa (ex Monti) Floriana Guidetti, figura schiva ma grande personaggio di Ferrara, ha scritto e realizzato racconti, vinto premi letterari, poesie, libri di cucina, volumetti di favole, testi teatrali. Con la collaborazione di Romano Baiolini ha pubblicato Dizionari e “Grammatica Comparata del Dialetto Ferrarese”. Nuovo Vocabolario Italiano-Ferrarese. Ha co-fondato la Compagnia Teatrale “I Ragazìt da ‘na volta”. La seconda da sinistra in alto è Floriana. L’ultimo a destra, in piedi, sono io.

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