di Lucia Bianchini
Emblema della modernità: così Italo Zannier ha definito la fotografia, in occasione della presentazione della mostra ‘La fotografia ha 180 anni! Il libro illustrato dall’incisione digitale’, progetto nato da una collaborazione tra il Mart di Rovereto e le Gallerie d’arte moderna e contemporanea di Ferrara.
La rassegna, che sarà ospitata prima a Rovereto, dal 22 febbraio al 31 maggio 2020, poi a Ferrara, al Pac, dal 21 novembre 2020 al 6 gennaio 2021, si concentrerà sulla figura del fotografo e storico della fotografia Italo Zannier, indagando due diversi filoni della sua carriera, quello di studioso e quello di ‘fotografo innocente’, come lui stesso si definisce.
“Insieme a Maraniello, direttore del Mart, sono stato a casa di Zannier ed ho fatto un viaggio bellissimo nel mondo della fotografia – ha spiegato Marco Gulinelli, assessore alla cultura del Comune di Ferrara -: la sua competenza permette a tutti oggi di comprendere il linguaggio del cinema, che non esisterebbe senza la fotografia”.
Saranno in mostra i 100 volumi originali provenienti dalla collezione privata di Zannier, che delineano la storia della fotografia dalle origini ad oggi. A questa parte di esposizione sarà integrato un capitolo che spiegherà la sessantennale attività artistica di Zannier, ad oggi inedita, con 100 fotografie che vanno dai primi scatti di stile neorealista, in bianco e nero, fino ai più recenti esperimenti sul digitale.
“Sono oggi particolarmente felice: si celebra qui l’invenzione della fotografia, avvenuta il 7 gennaio 1839 – ha esordito Zannier -. La fotografia è l’emblema fondamentale della modernità: negli Stati Uniti, in Francia ha avuto subito diffusione, in Italia meno. A mio parere gli storici dell’arte sembrano aver paura della fotografia, perché dovrebbero ristudiare come l’arte viene mostrata oggi, sugli schermi, senza materia. La fotografia porta ad un’idea della luce delle cose. Oggi l’immagine è pura luce, ‘fotofania’ per dirlo con un termine inventato da me. Premo un pulsante e non c’è più, c’è dietro una complessa formula matematica, ma non c’è più nemmeno l’immagine. Questa occasione è particolarmente importante per me, per i due luoghi che hanno voluto accettare questa mia idea, al contrario della mia città, Venezia”.
“Sono stato assistente di Zannier, grazie a lui conosco la fotografia, ed è stato un incontro casuale – ha raccontato Vittorio Sgarbi -. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi maestri che se no sarebbero ignoti e la grammatica della fotografia, che ben pochi parlano. La pittura mantiene la sua aura di grandezza, ma anche i fotografi diventano oggi molto importanti e famosi: qualcuno ha scattato la fotografia di Marylin Monroe da cui è partito Andy Wharol. Sarebbe bello che si creasse un archivio della fotografia, come Quintavalle ha fatto a Parma unendo una serie di fondi, anche di fotografi. Mi piacerebbe che i fondi di tanti fotografi delle città, magari conosciuti solo localmente, si unissero e diventassero un solo grande archivio della fotografia italiana”.
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