Spettacoli
10 Dicembre 2019
Al termine della proiezione è previsto un incontro con la protagonista

“La scomparsa di mia madre”, al Boldini il sogno di Benedetta Barzini

di Redazione | 2 min

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Dopo le proiezioni nelle sale di tutto il mondo – da Copenhagen a Boston, a Shanghai e Londra – La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese arriva al cinema Boldini martedì 10 dicembre alle 21, grazie alla distribuzione italiana Reading Bloom e Rodaggio Film. L’ingresso costa 5 euro.

La proiezione speciale fa parte della rassegna “Riusciranno i nostri eroi. I nuovi autori del cinema italiano incontrano il pubblico” promossa da Fice Emilia-Romagna e vedrà la presenza in sala della protagonista Benedetta Barzini. Modella iconica negli anni ’60, volto del primo numero di Vogue Italia, immortalata negli scatti di Richard Avedon e Irving Penn, questo docufilm racconta il percorso che ha portato la musa di Andy Warhol e Dalí a sposare la causa femminista, diventando scrittrice e docente controcorrente di Antropologia della moda, fino al ritiro dalle scene a 75 anni perché stanca degli stereotipi in cui il sistema l’aveva costretta.

Il suo sogno, che dà origine al film, era di lasciare tutto per raggiungere un luogo lontano, dove scomparire. Turbato da questo desiderio radicale il figlio Beniamino Barrese, fin da bambino fotografo e cineamatore, decide di debuttare alla regia tramandandone la memoria grazie a riprese quotidiane. Inizia così un’intensa battaglia con la madre per il controllo della sua immagine, uno scontro che sfocia nel politico lasciando trasparire concezioni opposte della rappresentazione di sé.

Unico titolo italiano all’ultimo Sundance, vincitore del Premio Tasca d’Oro al Salina Doc Fest, del Women in Film Award Italia e della Menzione Speciale Giuria Italia al Biografilm, ora nominato ai prestigiosi European Film Awards, il film è un racconto senza finzione. È il “ritratto di una donna in rivolta” come scrive il New York Times “che svela il lato ferocemente politico del nostro privato”.

La scomparsa di mia madre, infatti, non vuole essere biopic di fiction né documentario informativo, celebrativo o testamentario. Anzi, è quasi chirurgico nel non dare coordinate su famiglie e parentele, e sbrigativo nel sintetizzare il periodo newyorkese trascorso a braccetto con star dell’arte e del jet set. È molto concentrato sulla ricerca di riappropriazione di un’immagine nella sua autenticità, sul tentativo di sottrarre un viso, un corpo, allo sguardo del sistema moda e alla sua rappresentazione convenzionale per restituirlo ai momenti più ordinari, agli atteggiamenti meno glamour.

«Ho passato la vita a filmare e fotografare mia madre, senza sapere perché – spiega il figlio, il regista. – È stata la mia prima modella, la mia preferita. Quando mi ha detto di aver deciso di andarsene e di non tornare mai più, ho capito che non ero pronto a lasciarla andare».

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