Il caso Ravalle sarà solo il primo di una lunga serie se non verrà modificato il decreto sicurezza. A far suonare il campanello d’allarme è Paolo Calvano, consigliere e segretario regionale del Pd, che si scaglia contro la recente legge nazionale “che porta il rassicurante nome di ‘decreto sicurezza’ ma che in realtà ha peggiorato la vita degli italiani, oltre a quella dei migranti”.
“Grazie al decreto, che è anche noto come ‘decreto Salvini’ dal nome del suo padre politico, è stata soppressa la cosiddetta accoglienza di secondo livello, che veniva realizzata dai Comuni attraverso i progetti Sprar – spiega Calvano -. Oggi, quindi, rimane solo un sistema che si poggia sulle Prefetture, che emettono bandi rivolti ad organizzazioni e imprese per le quali è previsto un solo obbligo: controllare i migranti che vengono loro assegnati. Sorveglianza, dunque, ma senza integrazione“.
“Va da sé – analizza l’esponente dem – che chi risponde ai bandi delle Prefetture, oggi tende a concentrare il più possibile le persone assegnate in modo da abbattere i costi di gestione. Tutto lecito e legittimo anche se dannatamente sbagliato. I Comuni sono de-responsabilizzati e se non sanno o non vogliono intervenire, non lo faranno. L’accoglienza diffusa, accompagnata a percorsi di integrazione – che contemplavano mediazione sociale, studio, formazione, inserimento lavorativo – non esiste più“.
Quindi “capita che anche migranti che sono già da tempo in Italia vengano presi e concentrati, per essere tenuti da qualche parte, facilmente sorvegliabili da pochi addetti. Ecco cosa sta capitando anche a Ravalle nel Ferrarese e capiterà altrove se non si rimette mano a queste regole che servivano solo a fare demagogia e non a risolvere un problema, ma a crearne uno nuovo, ben più grave”.
“Noi siamo pronti a confrontarci su come rivedere la normativa attuale, tremenda, e a migliorare anche quella che c’era prima. Un sistema che – non ho problemi a dirlo – presentava molte pecche e lacune e doveva essere rivisto” ammette Calvano, pronto ad “abbandonare vessilli partitici e a ragionarne con tutti. Se ne fossimo capaci faremmo certamente un buon servizio ai cittadini”.
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