Lettere al Direttore
17 Ottobre 2019

Interruzioni di gravidanza, serve cultura della vita

di Redazione | 2 min

Le conclusioni a cui arriva l’assessore regionale Venturi dalla lettura dei dati della “Relazione sull’interruzione volontaria di gravidanza in Emilia-Romagna nel 2018” sono fuorvianti di una realtà invece che sostanzialmente non cambia: manca una cultura della vita.

Le diminuzioni infatti dalle interruzioni volontarie di gravidanza, passate dalle 7130 del 2017 alle 6874 del 2018, vanno di pari passo con la diminuzione delle nascite che nel 2017 registrano un passivo di -1567 (-4,6%) rispetto al 2016, confermando un trend costante dal 2009.

Inoltre, per quanto concerne i farmaci con effetto abortivo, si riporta il dato sulla RU486 che ha riguardato il 34,1% del totale, in crescita rispetto all’intervento chirurgico (54,8%) ma non si tiene conto degli altri farmaci definiti anticoncezionali, che non possono escludere un effetto abortivo con l’impedimento per l’embrione di annidarsi nell’utero, magari nell’inconsapevolezza di chi li assume.

Come per la commerciale Norlevo – la cosiddetta pillola del giorno dopo – o l’EllaOne pillola dei cinque giorni dopo, le cui vendite, secondo la Società medica italiana, sono passate dalle 400mila del 2015 alle 570mila del 2017. Con un incremento in regione nel 2018 del 39,6% rispetto al 2017 di utenti tra i 14 e 25 anni.

Altro dato significativo è quello sui dati delle interruzioni di gravidanza che riguardano sempre più non adolescenti ma donne sopra la fascia dei 30 anni (il 22,5% tra i 30 e i 34 anni e il 21,3% tra i 35 e i 39 anni, con alto titolo di studio, il 45,5% in possesso di diploma superiore e il 14,9% laureate. Inoltre, il 54% di queste risulta occupata). Se quindi tra le donne più giovani che decidono di abortire vi possono essere motivazioni legate alla precarietà economica e lavorativa, nella fascia più alta di età si evidenzia una scelta più culturale che di necessità.

In Occidente, in Europa e Italia in particolare, vi è la consapevolezza di essere una società vecchia, perché dunque abdicare a questo stato di cose? Se la nostra società deve rappresentare un esempio verso altre meno sviluppate, come potrà farlo senza una nuova ‘Cultura’ della vita?

Mauro Malaguti, coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia

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