Economia e Lavoro
5 Settembre 2019
L’associazione sottolinea i problemi del comparto, schiacciato da dazi e gap produttivi, è inaccessibile ai giovani agricoltori come molti altri settori specializzati

Risicoltori in difficoltà tra produzione e prezzi. E i giovani rimangono al palo

di Redazione | 3 min

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Chiara Michelon

“Per risolvere i problemi del comparto risicolo, ma possiamo dire di tutta l’agricoltura, serve una vera e propria rivoluzione, azioni concrete e decise a livello unitario. Perché la crisi non ha colore e non ha bandiere.” – afferma Chiara Michelon, giovane imprenditrice agricola di Mezzogoro, che coltiva anche 45 ettari di riso.

Secondo Cia – Agricoltori Italiani Ferrara anche la risicoltura ha subito danni provocati dalle anomalie climatiche che hanno provocato, in primo luogo, semine tardive e in condizioni difficili. Costante anche la presenza del Brusone, una delle più temute patologie fungine del riso, e delle nutrie che hanno eroso gli argini dei campi allagati. Partirà in ritardo anche la mietitura, di almeno venti giorni, e continuerà presumibilmente fino a novembre, quando il grado di umidità sarà elevato, generando un aumento dei costi di essiccazione e lavorazione. Il riso, dunque, sta subendo lo stesso “destino” delle altre colture cerealicole e frutticole.

“Le difficoltà produttive ci sono e ci saranno sempre, fanno parte dei rischi del nostro lavoro. Ma non posso accettare – continua Chiara Michelon – che l’impegno di noi agricoltori, gli investimenti e il reddito sia subordinato a un mercato dove i dazi penalizzano il riso italiano e dove ci sono politiche europee spesso incerte. Prendiamo il riso: fino a qualche anno fa, con le quotazioni a 70-80 euro al quintale, riuscivi a pagare la manodopera, le rate del mutuo e avevi un margine. Oggi con questi prezzi non andiamo da nessuna parte, non c’è prospettiva soprattutto per i giovani che faticosamente scelgono la terra. Anche la Pac è diminuita progressivamente negli anni scorsi e non sappiamo cosa ci aspetta con la nuova riforma e per noi, in questo sistema, il sostegno europeo è essenziale. Ho detto con “questo sistema” perché credo che se i nostri prodotti fossero valorizzati, se ci fosse una direttiva per cui il nostro riso, così come gli altri prodotti, venisse prima di quello estero allora non sarebbe necessario un aiuto. Gli agricoltori sarebbero ben felici di farcela da soli e magari molti giovani sceglierebbero un futuro nel settore, perché fare l’agricoltore diventerebbe un lavoro su cui investire, dove poter emergere e realizzarsi. Così, invece, i giovani che si impegnano lo fanno con fatica, magari proseguendo il lavoro dei propri genitori, ma non con le stesse prospettive e certamente non con la stessa possibilità di fare davvero gli imprenditori. Mi sono anche un po’ stancata – continua la Michelon – di immagini bucoliche di ragazzi che scelgono di fare gli agricoltori, in una sorta di edulcorato ritorno alla terra. Forse ci saranno quei giovani, ma sono un’eccezione non la normalità di chi lotta ogni giorno contro cambiamenti climatici, avversità e sfide di mercato sempre più difficili e impari. Ecco perché voglio una rivoluzione, che deve iniziare da un confronto con le altre associazioni e continuare con una presenza massiccia prima a Roma e poi a Bruxelles. Non possono ignorare – conclude l’imprenditrice – mille agricoltori della nostra regione e magari mille del Veneto e mille della Lombardia che protestano e chiedono investimenti sul nostro settore. Non possono continuare a considerare l’agricoltura un settore di serie B, mentre è il motore essenziale e pulsante della nostra economica e della nostra società. Non possono e noi non dobbiamo più consentirglielo”.

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