Politica
13 Agosto 2019
Maisto con Zingaretti, Marattin con Renzi, Calvano non si schiera: le divisioni a livello nazionale si rispecchiano nelle dinamiche locali

La crisi di governo spacca il Pd anche a Ferrara: elezioni subito o governo col M5S?

di Redazione | 5 min

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Crisi di governo: quale soluzione per uscire uscire dall’impasse? Le spaccature e i dibattiti della politica nazionale si riflettono anche a livello locale, con i protagonisti della politica ferrarese a schierarsi per il voto immediato o per la formazione di un governo ‘di larghe intese’ individuando una maggioranza nell’attuale composizione del Parlamento. Posizioni che rispecchiano quelle dei partiti nazionali, anche nel caso delle nuove frammentazioni del Partito Democratico, attualmente spaccato tra i renziani che spingono per la formazione di un governo e i sostenitori del segretario Zingaretti che ha espresso il desiderio di affrontare la Lega di Salvini alle urne.

Una spaccatura che riesce a spostare l’attenzione dalle difficoltà di Lega e Movimento 5 Stelle, dopo la traumatica rottura degli equilibri di governo, a quelle dello stesso Partito Democratico, che diventa argomento delle considerazioni della politica ancora più della crisi di governo. Come nel caso delle dichiarazioni di Vittorio Sgarbi, che concentra la sua analisi proprio sulle mosse di Pd e M5S: “Con l’alleanza tra Pd e Cinque Stelle avremmo due minoranze gonfiate per fare una maggioranza contro il bene e la volontà dell’Italia che il voto confermerebbe – afferma il critico d’arte -. Dunque Renzi, iscrivendosi alla corrente di Franceschini, contro i propri interessi, e per il bene del Paese, pensa di sostenere un governo con i 5 Stelle, magari non votando la sfiducia a Conte. Difficile leggere una proposta più confusa, dettata dal terrore e dalla indifferenza per la democrazia. I cinque stelle non sono un partito ma un movimento di protesta, drogato da un comico opportunista che ha preso in giro il Paese e se n’è andato, mettendo al suo posto la ridicola controfigura di Di Maio. L’espulsione attraverso il voto di questo buffone, consentendogli, addirittura, di continuare a governare, potrebbe restituire anche al PD una responsabilità politica di opposizione responsabile. Renzi vuole invece il Pd di Zingaretti marginale e subalterno al Cinque Stelle, solo per non trattare Salvini che, dalla coerenza, trarrà il maggior vantaggio politico”.

Secondo Sgarbi, “Renzi invece aspira a fondersi col nulla dimenticando, inoltre, che la rappresentanza parlamentare dei Cinque Stelle è drogata, rispetto al peso reale, democraticamente accertato con le elezioni europee. Su quel dato occorre misurarsi, non con le imposture di un movimento che vuole ridurre i parlamentari e ne ha più del doppio di quelli che gli spettano. Povero Renzi e povero Pd che, con le elezioni, avrebbe anche l’opportunità di mandare a casa i parlamentari imposti da Renzi quando era al potere. Con la sua proposta avremmo due minoranze gonfiate per fare una maggioranza contro il bene e la volontà dell’Italia che il voto confermerebbe. La realtà è che né al 5 Stelle, né a Renzi il voto conviene ma più lo rimandano e peggio sarà per loro”.

Nicola Zingaretti

All’interno del Pd si rispecchiano tutte le anime del partito: il ‘reggente’ della segreteria ferrarese Massimo Maisto esprime sui social network la propria vicinanza alle parole del segretario nazionale Zingaretti, definendole “saggezza”. Di parere opposto l’ex assessore Caterina Ferri, che si definisce “arrabbiata come iscritta, militante ed elettrice del Pd. I giornali di oggi descrivono un partito allo sbando, sull’orlo della scissione. Stamattina al bar un signore accanto a me, che incrocio la mattina e non so nemmeno come si chiami mi ha chiesto ‘ma perché litigate? Ma davvero volete andare al voto e consegnare il Paese a Salvini?’. Ho sorriso mestamente e non ho risposto. Ho l’impressione che non si stia comprendendo il pericolo che stiamo vivendo”. Ferri rivendica che “ero tra i pochi che 15 mesi fa riteneva che si dovesse cercare un accordo con i 5 Stelle, per non consegnarli alla destra, oggi più che mai ritengo che sia doveroso provarci, almeno per evitare l’aumento dell’iva e modificare la legge elettorale in senso proporzionale. Non siamo davanti a una destra liberale, siamo davanti al rischio di ritrovarci in Russia tra pochi mesi. Il compito della politica è ricercare la strada migliore per garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, quelli attuali e quelli che verranno. Creiamo le condizioni per salvaguardare la democrazia, che il momento per scannarci tra di noi lo ritroveremo lì ad aspettarci come sempre”.

Chi non prende posizione in questo dibattito interno è il segretario regionale del Pd Paolo Calvano, che si concentra sulle ripercussioni della crisi in Emilia Romagna e scrive: “Dico una cosa forse scontata, ma a volte è doveroso farlo. La Regione Emilia-Romagna andrà al voto fra pochi mesi. Un dibattito così lacerante dentro il Pd a Roma rischia di creare danni enormi per la sfida altrettanto enorme che dobbiamo affrontare. Chiedo a tutti di tenerne conto, perché ciò che succede in Emilia-Romagna conta, per il Paese ancor prima che per il centrosinistra. Per quanto riguarda la crisi di governo non voglio partecipare al gioco del chi sta con chi. Certamente ho imparato in questi anni che le istituzioni vanno rispettate e così dovremo fare quando sarà il momento di confrontarsi con il Capo dello Stato”.

Non può mancare poi il commento di Luigi Marattin, ‘renziano’ della prima ora e attuale deputato, che spera nella formazione di un governo di larghe intese per evitare l’aumento dell’Iva (più che mai probabile in caso di mancata formazione di un nuovo governo) e poi andare al voto: “Lasciare che gli italiani paghino 23 miliardi di tasse in più quando vanno a far la spesa non mi pare, ma è solo la mia opinione – scrive Marattin -, il modo migliore per assolvere questa funzione. Per cui la mia opinione, come dico sin dallo scoppio di questa crisi, è che dobbiamo andare presto a votare per far vedere agli italiani che è possibile uscire da questo incubo di ciarlatani e populisti. Ma prima occorre evitare che si cucchino l’ultimo regalo di questo sciagurato governo: uno scontrino più pesante di 23 miliardi ogni volta che si fa la spesa. A me interessa questo, non altro. Ognuno, ovviamente, è poi libero di farsi la sua scala di priorità”.

E che dire dello storico sostenitore della mediazione tra Movimento 5 Stelle e Pd, Dario Franceschini? L’ex ministro ferrarese via twitter invita all’unità i compagni di partito e ad affrontare la discussione all’interno del partito: “Dopo l’intervista di Matteo Renzi – scrive Franceschini – invito tutti nel Pd a discutere senza rancori e senza rinfacciarsi i cambiamenti di linea. Io lo farò. Anche perché in un passaggio così difficile e rischioso, qualsiasi scelta potrà essere fatta solo da un Pd unito e con la guida del Segretario”.

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