Attualità
10 Agosto 2019
Il sacerdote che ha accolto gli sfollati da via delle Bonifiche racconta i primi giorni dei nuovi ospiti

Nomadi da don Bedin. Una giornata particolare di integrazione

di Redazione | 3 min

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di don Domenico Bedin 

-“Anche gli zingari ci porti? Non bastavano gli extra della comunità qui a fianco?”.

E’ la prima rasoiata che mi prendo appena arrivo al circolo che fa parte di Ca’ Frassinetta. Degli omoni, a petto nudo e braghe corte per il caldo, seduti sotto il portico con lo spriz sul tavolino e la faccia già annoiata alle 10 del mattino. Non raccolgo la sfida e spiego che comunque saranno due famiglie Sinte, Italiane, con bambini piccoli e che staranno dall’altra parte del cortile, dietro la casa dei profughi e avranno un luogo recintato…

– “Par mi i pudeva star in du’ chi iera… cusa a ghe gnù in ment a Naomo. E ti subit a purtari chi…”.

Intanto arrivano i due capofamiglia Sinti a vedere il luogo dove verranno messe le loro case mobili. Si guardano intorno, sono timorosi, osservano le bici dei Richiedenti lasciate a casaccio nei vari punti del cortile; qualche ragazzo di colore scuro esce dalla casa e salutando appena inforca la bici e parte per via Vallelunga.

Noto un che i due si guardano in faccia e il più vecchio mi sussurra imbarazzato: – “ma qua ci sono dei negri! Ma siamo sicuri con sta’ gente… abbiamo donne e figli piccoli!”. Ancora una volta incasso e do ampie garanzie e aggiungo: – “Poi lo sapete metteremo una rete, con un cancello… non preoccupatevi”.

Cominciamo a lavorare per predisporre gli allacciamenti e c’è caldo. Vado in cucina per un po’ d’acqua fresca. Un ragazzo maliano, con gli occhi che sorridono, mi dice che anche al suo paese ci sono i nomadi e bisogna stare attenti perché rubano le galline…

Gli rispondo che per ora qui abbiamo solo conigli. Poi gli chiedo di venire con me a dare una mano a spostare del materiale che ingombra e lui esce con altri due ragazzi e si mette a lavorare.

I due sinti lavorano con loro e dopo poco, quando si fermano per rinfrescarsi, si parlano e sorridono. Sento che si scambiano i nomi e chiedono informazioni delle loro reciproche famiglie e della loro provenienza. Un nigeriano non riesce a capacitarsi che i sinti siano italiani e che vivano in una carovana… Poi ricominciano a lavorare insieme.

Facciamo mezzogiorno e porto i due sinti al Circolo per un bicchiere e per vedere l’effetto che fa. Da un angolo della sala una voce roca: -“ Roberto tu porti tuo figlio a scuola a Ponte… E’ in classe con mio nipote. Ma veramente venite a vivere qui?”.

E’ bastato questo per sedersi insieme e cominciare a raccontare e a scambiarsi delle impressioni e dei suggerimenti. Ormai è tardi e devo andare. Chissà se alla fine dovremo proprio mettere una rete di recinzione.

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