Una querela per diffamazione non serve solo a tutelarsi legalmente dalla maleducazione e dalle fake news che circolano sul web, ma anche a lanciare un preciso segnale alla collettività: è inutile continuare a porgere l’altra guancia, se questo non fa che alimentare la montagna di bufale, atti di bullismo e offese gratuite che ormai riempiono la rete. E la libertà di espressione non può coincidere con l’impunità. È questa la linea di pensiero che ha spinto la segretaria provinciale di Rifondazione Comunista, Stefania Soriani, e l’attivista ambientalista Marzia Marchi a depositare otto querele verso alcuni utenti Facebook che nelle ultime settimane hanno dato il via a una serie di post e commenti sui social network chiaramente offensivi, sessisti e in alcuni casi anche esplicitamente violenti. Querele che non serviranno – è giusto premettere – per ‘battere cassa’ in sede civile: ogni euro di danno che verrà eventualmente riconosciuto dal tribunale verrà infatti destinato a un fondo per le spese legali e burocratiche dei richiedenti asilo.
Chi segue la politica locale probabilmente consocerà i trascorsi di Soriani e Marchi, volti storici rispettivamente della sinistra e dell’attivismo ferrarese. La prima ha deciso di querelare un utente Facebook che da tempo ha la cattiva abitudine di intervenire sulla bacheca privata della segretaria di Rifondazione Comunista (i cui post di carattere politico sono visibili da tutti) con pesanti insulti. Circa un anno fa, uno degli episodi peggiori: l’uomo augurò a Soriani di essere stuprata. In quell’occasione la segretaria di Rc decise di soprassedere per non far scaldare ulteriormente gli animi. Ma di fronte al perdurare di questi insulti, alla fine il vaso è traboccato.

Stefania Soriani
L’ultima goccia è caduta il 26 giugno, dopo che Soriani ha pubblicato un articolo sul caso Sea Watch criticando il comportamento del ministro Salvini. L’ormai abituale insultatore interviene nei commenti senza entrare nel merito della discussione, ma con una semplice sequela di insulti, come “voi comunisti avete la testa piena di m…”. “È una violenza verbale insensata – afferma Soriani -. Nonostante le differenze di pensiero non mi permetterei mai di rivolgermi a qualcuno in quel modo. Bisogna iniziare a dire basta e far capire che non è vero che sui social network si può scrivere qualunque cosa: valgono le stesse regole che valgono nel mondo reale e bisogna sapersi prendere le proprie responsabilità. C’è una violenza verbale ormai dilagante, in particolare verso le donne che sono sottoposte a minacce e insulti sessisti molto preoccupanti”.
L’avvocato Vasco Sisti, che assiste le due querelanti, sottolinea infatti questo aspetto ‘di genere’ che spesso caratterizza queste tristi dinamiche dei social network, con donne a cui vengono augurate violenze sessuali, sottomissioni, trattamenti degradanti e tutto quel campionario di barbarie che teoricamente in Italia dovrebbe essere superato da qualche secolo, ma che sembra aver trovato nuova linfa attraverso la rete. “E fa ancora più impressione notare, come nel caso di Marzia Marchi, che quando è intervenuto un uomo a difenderla pubblicamente, queste offese si sono fermate. Quasi come se la semplice autorità di un uomo valesse più dei ragionamenti e delle parole della donna che era stata attaccata”.

Marzia Marchi e l’avvocato Vasco Sisti
Marchi infatti si è trovata a che fare con sette insultatori contemporaneamente, ora tutti querelati. Nel suo caso, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la pubblicazione su un gruppo Facebook satirico di una sua fotografia che la ritrae legata a uno degli alberi adiacenti allo stadio Mazza. Era una fotografia del 2016, quando Marchi e altri attivisti protestarono contro l’abbattimento di alcuni alberi attorno allo stadio per far spazio a recinzioni, tornelli e quelle misure necessarie per l’iscrizione alla Serie B. Se l’intento dell’uso dell’immagine è satirico (“una tifosa spallina si incatena agli alberi davanti allo Stadio Paolo Mazza di Ferrara, in segno di protesta, dopo aver appreso del sequestro da parte della guardia di finanza”), i commenti lo sono decisamente meno. I più gravi sono quelli di sette persone che augurano all’attivista umiliazioni e violenze di natura sessuale, oltre che espliciti inviti al suicidio o a fare “la stessa fine degli alberi”.
“Questa – afferma l’avvocato Sisti – non è più libertà di espressione ma prevaricazione, e va combattuta. Io stesso ho idee politiche molto diverse da Stefania e Marzia, ci conosciamo da 30 anni e abbiamo sempre avuto confronti aperti ma sereni”. Conscio dell’ampiezza di questo fenomeno di inciviltà nella rete, il legale immagina anche un possibile rimedio generale: “Così come nelle tifoserie calcistiche è stato introdotto con buoni risultati il ‘daspo’, occorrerebbe uno strumento simile anche per la rete. Chi si macchia di certi comportamenti dovrebbe essere temporaneamente interdetto dall’utilizzo dei social”. Una proposta che in effetti potrebbe rappresentare un primo, importante intervento dello Stato in quella che oggi purtroppo è una battaglia continua e senza regole tra privati. Perchè oggi solo i social network stessi hanno la possibilità di sospendere i propri utenti – con tutti i problemi e i conflitti di interesse che ne conseguono -, mentre la difesa da insulti e minacce come nel caso di Marchi e Soriani viene lasciata a impegnative, e spesso dispendiose, azioni legali private. Finché lo Stato non deciderà di inoltrarsi nel sottobosco della rete, e iniziare sfalciare ciò che è chiaramente lesivo dei diritti individuali, nella rete continuerà a valere la legge della giungla. Anche per questo motivo parlare pubblicamente di una querela può essere un primo passo per spezzare il circolo vizioso dell’inciviltà che regna sul web.
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