Attualità
30 Giugno 2019
Al dibattito della seconda giornata ha partecipato anche Ilaria Cucchi: "Voi tutti siete belli, siete quelli che portano in giro Federico per tutti gli stadi d'Italia"

Tifo e repressione a Curva Ovest in festa, Lino Aldrovandi: “Essere ultras non è una bestemmia”

di Redazione | 4 min

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di Davide Soattin

Le lacrime emozionate di Ilaria Cucchi e Lino Aldrovandi – ospiti a sorpresa della seconda giornata di Curva Ovest in festa – sono la fotografia più rappresentativa di come tra i gradoni della curva si racchiuda un universo fatto di valori che vanno ben oltre l’essere semplici tifosi.

Valori come il senso di appartenenza, l’aggregazione e la solidarietà, capaci di emergere anche quando l’argomento del dibattito è Repressione: la cinica brutalità del decreto sicurezza bis, entrato in vigore lo scorso 15 giugno e già destinato a inasprire sostanzialmente le pene per eventuali reati commessi durante le manifestazioni sportive.

Un tema di cui si sono occupati, tra gli altri, Giovanni Adami – conosciuto come il legale degli ultras – e Fabio Anselmo, che già da diversi anni è relatore d’eccezione sul palco di Curva Ovest in festa: “Giustizia e sicurezza sono tematiche che da anni sono legate a discorsi basati sulla propaganda e sulla generalizzazione, tali da creare un gruppo di individui che devono avere per definizione dei diritti affievoliti rispetto ad altri. In questa categoria rientrano gli ultras, spesso e volentieri associati a fatti di violenza e ad associazioni a delinquere. Ma se ci sono delle associazioni a delinquere che stanno dando problemi a questo Paese, di certo non sono loro. Penso per esempio a quelle di stampo mafioso, che negli ultimi anni hanno raggiunto livelli altissimi e nella migliore delle ipotesi vengono tollerate”.

“Ciò che non comprendiamo – ha aggiunto l’avvocato ferrarese – è che questa propaganda è efficace. Si comincia dalle categorie degli ultimi e poi si passa a generalizzare, introducendo dei sistemi di sopraffazione sistematici come il Daspo. Stiamo parlando di un mezzo utile a negare i diritti fondamentali dei cittadini. La sicurezza si può garantire attraverso la legalità, attraverso la garanzia che tutti noi siamo uguali davanti alla legge. Non esistono persone di Serie A e altre di Serie B. Dove c’è legalità, c’è sicurezza”.

Al grido di Siamo tutti Stefano Cucchi, la parola successivamente è passata a Ilaria, sorella del ragazzo ucciso dai carabinieri mentre era in custodia cautelare, il 22 ottobre del 2009: “Voi tutti siete belli, siete quelli che portano Federico in giro per tutti gli stadi d’Italia e che fanno si che questi ragazzi non vengano mai dimenticati. Tantissime volte è stata attivata contro di noi la macchina del fango, quasi con l’obiettivo di farci sentire persone diverse, quasi a dire che fondo in fondo i nostri cari se l’erano cercata, ponendo così in isolamento le nostre famiglie”.

Famiglie costrette ogni giorno a fare i conti con lo spaccato di cruda realtà fornito dall’opinione pubblica: “I nostri morti, oltre ad aver perso la vita, sono costretti a un processo continuo a loro stessi. Come del resto succede a noi, quando riusciamo a dare inizio a battaglie di giustizia e veniamo prontamente fermati, costringendoci quasi a vergognarci del torto che abbiamo subito. Ma per fortuna ci sono anche tante persone che ci aiutano e ci sostengono ogni giorno. Qualcosa è cambiato ultimamente nell’immaginario collettivo da quando tutto cominciò qui con Federico. Se vogliamo sperare di costruire una società migliore, nessuno si deve voltare dall’altra parte”.

“La parola ultras nella mia maledetta storia – ha concluso commosso Lino Aldrovandi con la voce rotta dall’emozione per quel e Aldro vive con noi cantato a squarciagola dai ragazzi della Ovest – non è una bestemmia, come lo potrebbe essere per quei tanti parrucconi sia ipocriti che benpensanti, ma una bella parola, intrisa di tanti significati, fatta anche di tanti colori. I miei sono fatti di bianco e azzurro, portati ogni domenica ad accarezzare il cielo con quella bandiera e quell’immagine a me cara e commovente più di ogni cosa. Sempre lì a volteggiare con dolcezza, ma anche con sguardo severo, quasi ad ammonire il mondo sulle ingiustizie conosciute e sconosciute”.

La stessa dolcezza fuoriuscita dalle ultime battute dell’intervento del papà di Federico, che in precedenza non ha mancato di sottolineare la necessità di introdurre il codice identificativo sulle divise delle forze dell’ordine: “Ai ragazzi della Curva, in ricordo di chi di loro continua a seguire dal secondo anello ogni sogno, va il mio affetto e la mia riconoscenza per tutte le cose belle fatte e che intraprenderanno, iniziative meravigliose comprese, che sanno di vita e di amore e sono luce per chi resta qui”.

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