Vigarano
30 Giugno 2019
Serata nel segno della musica italiana a Vigarano Mainarda. Tanti i successi portati in scena dal cantautore genovese

Vittorio De Scalzi fa rivivere la magia dei New Trolls allo Spirito

di Redazione | 4 min

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Vigarano Mainarda. Un pianoforte, una chitarra acustica, la batteria di Ellade Bandini e la miriade di strumenti a fiato suonati da Edmondo Romano sono stati gli ingredienti principali della serata-evento organizzata dal Gruppo dei 10 presso lo Spirito di Vigarano Mainarda, che ha avuto come ospite illustre Vittorio De Scalzi, uno dei fondatori dello storico gruppo rock progressive dei New Trolls, protagonista di un viaggio in musica lungo trenta e passa anni affrontato in un’ora e mezza di concerto.

A partire dall’intramontabilità più che scontata di brani storici dal calibro di Ho veduto, Vorrei comprare una strada, Io sono Irish, Tom Flaherty Susy Forrester, principali colonne portanti di Senza Orario e senza bandiera, primo concept album della scena musicale italiana del 1968, realizzato in collaborazione con il mostro sacro di Fabrizio De André, che De Scalzi ha voluto omaggiare nel corso della serata cantando rigorosamente in dialetto genovese antico Creuza de Ma, facendosi accompagnare dalla cornamusa in Fiume Sand Creek e ricordando una partecipazione a Sanremo con Faccia di cane, scritta da Faber e firmata sotto pseudonimo perché “non gli piaceva l’idea di andare sul palco dell’Ariston”.

Ma il momento clou della serata è arrivato quando il “rumore di una pala che scava, che scava” si è impossessato della scena con una versione al pianoforte – ben diversa dall’originale del 1969, ma non meno piacevole – di Una miniera, cavallo di battaglia dei New Trolls, fortemente impegnato dal punto di vista sociale, come dimostrano i chiari ed evidenti richiami alle condizioni disumane a cui venivano sottoposti i minatori e ai grandi rischi del disastro di Marcinelle in Belgio, dove persero la vita numerosi italiani.

Successivamente – dopo Aldebaran – il momento è stato di quelli utili a “farvi sentire qualcosa di nuovo perché continuo a scrivere” alcuni brani – tutti contenuti nell’ultimo album – come la commovente L’attesa, seguita dalla malinconia dell’atmosfera blues di Ordinary Pain e da Pino, una canzone capace di ripercorrere uno spaccato della Napoli del compianto Pino Daniele, messa nero su bianco “in maniera molto semplice, una volta saputa la notizia della sua morte”.

Una dote da cantautore, quella che ha accompagnato De Scalzi durante la sua leggendaria carriera artistica, che l’ha portato a scrivere parole anche per personalità di spicco della musica italiana come Mina, Ornella Vanoni e soprattutto Anna Oxa, tanto da spingere l’artista genovese a deliziare il pubblico mettendo in scaletta una straordinaria versione di Tutti i brividi del mondo, canzone che dà il titolo all’album del 1989 realizzato proprio dalla cantante italo-albanese insieme allo stesso De Scalzi, che successivamente ha lasciato uscire dai tasti bianchi e neri del pianoforte le melodie di capolavori assoluti come Soli – con cui i Drupi arrivarono terzi a Sanremo – e Davanti agli occhi miei.

Tutta la poesia di Lettera da Amsterdam – inno scritto nel 1991 in occasione dell’unico scudetto vinto dalla Sampdoria del duo Vialli-Mancini e che “ancora oggi tanti ragazzi cantano a squarciagola prima della partita allo stadio” – ha fatto poi da preludio a un finale mozzafiato con la performance dell’intramontabile Quella carezza della sera, che ha visto come protagonista attivo il pubblico, impegnato ad accompagnare il ritornello a squarciagola, mentre le mani di De Scalzi scivolavano su e giù da una corda all’altra della chitarra, seguendo il ritmo cadenzato di Ellade Bandini e della sua batteria, oltre che degli strumenti a fiato di Edmondo Romano, per un finale che più perfetto di così non si poteva immaginare.

Ma a guastare bonariamente le feste ci ha pensato il bis richiesto a gran voce dalla platea, tale così da servire su un piatto d’argento la possibilità al fondatore dei New Trolls di cimentarsi in un vero e proprio saggio di pianoforte, con l’esibizione di due brani tratti dal Concerto grosso del 1971 che sono suonati sia come toccasana per le orecchie dei circa cento appassionati presenti per l’occasione, incantati da un’ora abbondante di grande musica, che come una sorta di arrivederci, rafforzato dalle parole di un De Scalzi contento dell’accoglienza riservatagli e speranzoso “magari di rivederci nuovamente tra un annetto”.

 

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