Spettacoli
28 Giugno 2019
Intervista al fondatore dei New Trolls: "Non sono solo un nostalgico del passato, ma ricordo che inseguivo De André con la chitarra..."

Vittorio De Scalzi: “Oggi si spacciano tutti per cantautori, ma non c’è più poesia”

di Elisa Fornasini | 4 min

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Più di mezzo secolo di carriera e un amore viscerale per la poetica del cantautorato, condivisa con Fabrizio De André. Non ha perso la grinta Vittorio De Scalzi, storico fondatore dei New Trolls, che riporta la leggenda che ha segnato la storia del rock progressive italiano (e oltre) allo Spirito. Lo abbiamo intervistati in attesa del concerto acustico di questa sera, venerdì 28 luglio alle 21, al locale di Vigarano.

Tornerà ancora a Ferrara, ospite del Gruppo dei 10. Che rapporto ha con gli organizzatori e la nostra città?

Ho scoperto Ferrara attraverso la conoscenza del notaio Alessandro Mistri (direttore artistico del Gruppo dei 10, ndr) e l’amicizia con il batterista Ellade Bandini che ha fatto da ponte tra il gruppo ferrarese e la mia musica e che spero di ritrovare questa sera a suonare con me. Nei tempi passati venivo in città solo per i concerti, invecchiando posso permettermi di godermi di più anche la parte turistica. Qui ho trovato gente appassionata di musica cantautorale, purtroppo per certi tipi di persone certa musica sembra vietata, non si sente più alla radio ma è destinata a essere rappresentata solo live. Non è una relegazione, ma una cosa bella che ti avvicina di più al pubblico.

Sarà l’occasione per riproporre vecchie e nuove canzoni dei New Trolls. Cosa dobbiamo aspettarci da questo concerto-evento?

È facile giocare sui successi ma non sono solo un nostalgico del passato, continuo a produrre e scrivere canzoni. Per questo proporrò alcune canzoni nuove tratte dall’album L’Attesa uscito l’anno scorso. Non c’è una scaletta predefinita: lascio sempre spazio all’improvvisazione perché è la sensazione che si riceve dal pubblico a stimolare quello che si dà.

Dopo più di 50 anni di carriera continua a fare live e produrre album: L’attesa, appunto, e Due di noi, firmato con Nico di Palo. Qual è il segreto?

Il segreto è crederci, e bisogna averlo dentro. Sono nato attaccato a un pianoforte, mia mamma mi lasciava da solo col piano e mi diceva ‘arrangiati’. Già durante gli studi classici, ho capito subito che mi piaceva uscire dagli schemi e creare qualcosa che mi sembrasse più mio, più personale. È questo che mi dà ancora la voglia di viaggiare, di conoscere, di vivere situazioni diverse.

C’è una canzone a cui si sente particolarmente legato? E un momento che conserverà nel cuore, magari del periodo di De André?

Una Miniera senza alcun dubbio, perché tratta il tema dei lavoratori e della sicurezza, allora sentito come lontano ma ancora attuale a distanza di 50 anni. E poi si nutriva di un’ispirazione beatlesiana! Non ho dubbi anche sul momento davvero indimenticabile: la nascita dei miei figli. Tornando alle canzoni dei New Trolls, spogliandole dalla loro veste psichedelica ho scoperto tanti brani bellissimi. Penso a Quella carezza della sera, Visioni e Signore, io sono Irish nata dalla collaborazione con De André per il primo album Senza orario e senza bandiera, che tengo come apertura dei concerti.

Qual è il suo più bel ricordo, personale e professionale, di Faber? E di quel meraviglioso 1968? 

Il mio primo ricordo è lontanissimo, andavo al mare dove andava lui e lo inseguivo sulla spiaggia con una chitarra di plastica a pile. Io avevo 12-13 anni, lui 9 anni in più, e mi stava a sentire con pazienza. Mai avrei immaginato che pochi anni dopo avrebbe fatto il ‘mosaicista’ per il disco del ’68, unendo le tessere del mosaico del poeta genovese Riccardo Mannerini nella musica e unendo le forze con il produttore Gian Piero Reverberi. Così abbiamo creato il primo concept album della musica italiana: prima erano solo raccolte di 45 giri con brani disparati, ora c’era un unico tema unitario del viaggio dove incontrare i personaggi di Mannerini che diventano protagonisti delle canzoni. Questo ha dato il là all’Antologia di Spoon River del poeta Edgar Lee Masters, tradotto da Fernanda Pivano, che ha ispirato De André per Non al denaro non all’amore né al cielo, dove io ho suonato le chitarre.

Qual è l’eredità dei New Trolls e De André in un mondo che sta andando in tutt’altra direzione rispetto al cantautorato?

Oggi si spacciano tutti per cantautori, bisogna vedere che accezione diamo a questo termine. Un cantautore scrive le canzoni e se le canta, adesso le produzioni sono studiate a tavolino, è tutto più calcolato. Senza contare l’evoluzione del linguaggio che non trovo poetico: ora si usano mille parole mentre prima bastavano pochi colpi di penna. Senza voler essere nostalgici, nel linguaggio semplice e lineare di Luigi Tenco, per fare un esempio, c’era molta più poesia. Credo che prima o poi si ritornerà all’essenza, anche perché la produzione discografica è moltiplicata per mille rispetto a quella di ieri. I computer aiutano a produrre musica, ma non la poesia…

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