Attualità
26 Giugno 2019
I primi cittadini di Ferrara, Poggio e Ostellato eletti all’unanimità e con voto palese

Tre sindaci nel cda del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara

di Redazione | 2 min

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Alan Fabbri, Daniele Garuti e Elena Rossi, sindaci rispettivamente dei Comuni di Ferrara, Poggio Renatico e Ostellato, sono i nuovi tre ingressi nel Consiglio di amministrazione del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara.

Sono stati eletti all’unanimità e con voto palese dall’assemblea dei sindaci riunita in Castello Estense.

La necessità dell’elezione deriva dal fatto che occorreva ricostituire il plenum del Cda consortile a seguito delle recenti elezioni amministrative che hanno interessato i municipi di Lagosanto, Ostellato e Poggio Renatico, ossia i primi cittadini che hanno fatto parte dell’organismo uscente.

Consiglio di amministrazione che è composto di 23 componenti, tre dei quali eletti dai sindaci del territorio, il cui mandato scadrà nel 2020.

L’incontro in Castello Estense è stato anche l’occasione per annunciare una lettera in partenza a firma della presidente della Provincia, Barbara Paron, condivisa dai sindaci e indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Conte, al ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, al titolare del Mef, Giovanni Tria e a quello del Ministero dell’Ambiente, Sergio Costa.

Una missiva il cui contenuto è riassumibile in tre punti: massima condivisione territoriale sull’importanza degli investimenti per la sicurezza idraulica e per contrastare gli effetti del cambiamenti climatico; sostegno di Comuni e Provincia all’appello lanciato dal presidente del Consorzio di Bonifica, Franco Dalle Vacche, per incrementare le risorse a un territorio che è classificato ai vertici del rischio idraulico a livello nazionale; infine la richiesta al governo di sbloccare le risorse in avanzo di bilancio attualmente bloccate nel bilancio della Regione Emilia-Romagna, con lo scopo di favorire investimenti per quanto riguarda la sicurezza idraulica provinciale.

Risorse che, è stato condiviso, potrebbero essere immediatamente utilizzabili a seguito di una decisione di Palazzo Chigi e che ammontano a circa 100 milioni di euro.

Ossigeno per un ente consortile che, come ricordato dal direttore Mauro Monti, ha responsabilità su 250mila ettari di superficie, di cui il 44 per cento si trova sotto il livello del mare, e che ogni anno solleva 1.500 milioni di metri cubi d’acqua, con un costo di 5 milioni annui di energia elettrica per far funzionare gli impianti idrovori, rispetto a un bilancio di circa 35 milioni di euro.

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