Lettere al Direttore
5 Aprile 2019

La lettera di Ilaria Baraldi a Kiwan

di Redazione | 5 min

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Giunti a questo punto della campagna elettorale, e per tentare di rispondere all’appello di Kiwan Kiwan al Partito Democratico che rappresento a livello locale, è bene che ci soffermiamo sul significato di società civile e civismo.

Si chiede al PD di aprirsi alla società civile. Se lo si chiede, significa – io credo – che si parte dal presupposto che il PD sia un blocco granitico a sé stante scollegato dai cittadini e dalla comunità che essi compongono, che esiste in quanto tale, in funzione di autoconservazione, per uno scopo evidentemente diverso da quello per il quale esistono i partiti, ossia “rappresentare” persone, esigenze, bisogni, interessi.

Tralascerei in questa sede l’ormai conclamata e accertata crisi dei soggetti di rappresentanza, tutti, trasversalmente, quindi non solo dei partiti.

Come sempre, cerco di parlare delle cose che conosco, perché le vivo.

Il PD è esso stesso una comunità, composta di persone, in larghissima parte (la stragrande maggioranza) di persone che prestano la loro attività in modo volontario e gratuito, me compresa, a tutti i livelli di impegno politico. Sono cittadine e cittadini che abitano Ferrara, godono delle sue bellezze e ne patiscono i suoi limiti, come ogni altro cittadino. Il PD è la sua base, con tutte le contraddizioni evidenti. È una comunità dentro alla comunità. Un cittadino non smette di essere tale quando entra in uno dei nostri circoli, quando diventa segretario, quando viene eletto in direzione o in consiglio comunale. Resta un cittadino che lavora o perde il lavoro o non trova lavoro, pensa liberamente, a volte anche in aperto contrasto con un compagno di partito (prima che diventasse motivo di divisioni e fughe, la discussione interna era un valore, IL valore, perché è il confronto a generare idee migliori), ha un anziano da accudire, figli che accedono alle scuole di infanzia o sono in lista d’attesa, che paga le bollette, che cerca casa, che ha bisogno di assistenza o fa volontariato, che va ai concerti o allo stadio o sbuffa per la musica troppo alta o perché quando gioca la Spal è meglio parcheggiare altrove, che gira in bicicletta e corre sulla mura, che vuole sentirsi sicuro quando entra in ospedale e pretende una sanità pubblica efficiente, che cammina la sera per la città, che si alza la mattina presto per prendere un treno, che studia all’università e sogna di andare all’estero, che onora il 25 aprile e il 2 giugno, che differenzia i rifiuti perché vuole vivere in un mondo più pulito, che vuole respirare aria la meno inquinata possibile, che ama chi vuole, che chiede rispetto per le regole su cui si fonda la convivenza di quella società civile cui appartiene come il suo vicino di casa che non ha la tessera del PD.

Il PD non è altro, non è altrove. È, con le persone che lo compongono e gli danno vita e presenza, parte integrante della società, come qualsiasi altro gruppo, associazione, categoria, sindacato, fatti anch’essi di persone.

Quelle stesse persone sono al lavoro, da mesi, esattamente e al pari delle altre esperienze civiche (ossia non partitiche) sui temi di questa campagna elettorale, sulle proposte e sulle idee che compongono il progetto per la Ferrara che sarà tra 5, 10, 20 anni.

Possono queste persone avere bisogni, interessi, sogni e speranze diversi da quelli di tutte le altre persone? No. Queste persone, anche se sono del Partito Democratico, anzi, proprio perché lo sono, vogliono una città pulita e sono disposti a impiegare un po’ del loro tempo per differenziare i rifiuti e giustamente pretendono che il vicino di casa faccia altrettanto così come pretendono che chi ha la gestione dei rifiuti si impegni di più per tenere pulite le isole ecologiche, faccia loro spendere meno a fronte del loro impegno e garantisca che il termovalorizzatore bruci di meno e meglio. Vogliono che Ferrara sia una città dove i diritti sociali e civili sono garantiti a tutte e tutti. Vogliono una città accessibile soprattutto per chi ha difficoltà. Vogliono essere ascoltati e non sentirsi soli, ovunque abitino, dove le fragilità vengono riconosciute, accolte e non respinte, sanate e non stigmatizzate. Vogliono resistere e combattere l’odio e chi usa la paura per generarne altre. Vogliono che chi governa la città semplifichi e migliori la loro vita e che lo si faccia all’interno di una cornice valoriale che, nessuno mi convincerà del contrario, è del tutto assimilabile a quella di chi si riconosce nel variegato, eterogeneo, incredibilmente plurale mondo del centro sinistra (dal centro verso la sinistra, così ci capiamo meglio).

Abbiamo aperto al civismo? Sì. Abbiamo cambiato idea? No. Ma dobbiamo concordare su un punto: il civismo è il contrario di personalismo e individualismo. Il civismo coinvolge, aggrega, allarga, amplifica. Quando finisce dove comincia, cioè su un nome, non è civismo.

In tutti questi mesi ho, abbiamo, ascoltato e parlato con tantissime persone, partecipato a riunioni, assemblee, gruppi di lavoro dentro e fuori dal PD. Ho sempre riconosciuto come interlocutori tutti coloro che si stanno impegnando per un progetto che garantisca a Ferrara un governo di centro sinistra. Certo, è complicato (impossibile?) farlo con coloro che escludono a priori che il PD sia loro interlocutore: per discutere occorre essere almeno in due. Poiché parliamo e sento parlare di inclusione, è possibile pensare ad una proposta politica inclusiva che escluda la comunità che compone il Partito Democratico?

Il tema è che noi, io e le persone di cui sopra, che sono tante, tantissime, stiamo di qua.

La destra, quella vera, sta di là.

Se concordiamo su questo, e cioè che le elezioni le vinceremo contrastando insieme la visione nostalgica, populista asfissiante della destra, con proposte non identiche, ma compatibili, non occorrerà riaprire alcun tavolo, perché quel tavolo da parte nostra non si è mai chiuso.

Ilaria Baraldi

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