Politica
23 Febbraio 2019
Tra codino e musica pop. Nel 2009 divenne il primo sindaco leghista dell'Emilia-Romagna

Chi è Alan Fabbri. Vita e precedenti elettorali del candidato del centrodestra

di Redazione | 10 min

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di Martin Miraglia

Quando si presenta al bar Centro Storico per presentare la sua candidatura, Alan Fabbri è vestito elegante. A 40 anni appena compiuti è una figura imponente a un metro e 83 per 119 chili. Gli manca la cravatta, ma è comunque abbastanza per scherzarci su: “Neanche ai matrimoni mi vesto così”. Sui matrimoni non sappiamo, ma i formalismi sullo stile sono in effetti cosa recente, e risalgono a dopo la sua elezione a consigliere regionale alla fine del 2014. Altre due cose non sono cambiate, nel corso della sua storia personale: la relativa facilità di accesso al personaggio — quasi esasperata quando era ancora ‘solo’ sindaco di Bondeno e riceveva senza appuntamento — e l’appartenenza politica, con Fabbri leghista da sempre: militante da quando era a spanne un quindicenne, iscritto solo dopo aver preso il diploma.

L’infanzia di Fabbri, dall’azienda agricola ai primi passi in politica

Fabbri nasce a Bondeno il 4 gennaio del 1979, dove ancora abita — “Qui si sta bene, non riuscirei a vivere da nessun’altra parte”, spiegherà più avanti — da mamma comunista e papà democristiano — entrambi passati poi alla Lega per amore del figlio —, tutti e due agricoltori: la stessa casa è la sede dell’azienda agricola che l’anno scors ha anche avviato la produzione dei luppoli da birra. Fa in tempo a vedere il crollo del Muro e ad iscriversi al liceo scientifico, il Roiti, dal quale si diplomerà nel ’98 con 50 sessantesimi mentre inizia a suonare con costanza il basso elettrico e scopre di avere un interesse per le storie dei popoli antichi. Uscito dalle superiori si iscrive contemporaneamente all’università e alla Lega, con il percorso di studi e quello politico che iniziano a muovere i primi passi in parallelo: mentre studia ingegneria dei materiali arriva nel 2000 la nomina a coordinatore provinciale del Giovani Padani, poi l’elezione a segretario comunale di Bondeno del Carroccio nel 2001. In quell’anno si canddia anche come capolista alle amministrative di Finale Emilia, l’anno dopo viene eletto nel direttivo provinciale della Lega.

Arriva il 2004, e le cose iniziano a farsi più serie. Prima viene candidato come capolista per la Lega alle amministrative di Bondeno in supporto di Davide Verri, primo cittadino uscente del centrodestra — quando ancora si chiamava Casa delle Libertà. Verri vince il secondo mandato — con un margine risicatissimo, appena il 50.3% — ma dei partiti che lo supportano la Lega fa il secondo peggior risultato: porta a casa il 3.6% e nessun seggio. Non è una sorpresa, del resto: era quindici anni fa, la Lega prima di Salvini non era mai arrivata a far segnare più dell’8% in tutta la sua storia, e nell’Emilia ancora rossa non era certo un partito sdoganato, anzi. E infatti alle elezioni provinciali (Fabbri era candidato anche lì, come consigliere) non se ne fa niente: Giovanni Cavicchi racimola lo stesso risultato contro l’uscente Giorgio Dall’Acqua, il 3.6%.

La laurea e il primo lavoro in Regione

Lui intanto però è prossimo alla laurea, la conseguirà l’anno successivo scrivendo una tesi sui materiali polimerici intitolata ‘Caratterizzazione termica, meccanica e reologica di miscele polimeriche ternarie a base di PVC ed elastomeri poliolefinici’ che insieme agli esami gli vale un voto di 105 su 110. “Quella laurea me l’ha firmata l’attuale assessore all’istruzione (Patrizio Bianchi, ndr), se succede qualcosa è colpa sua”, scherzerà poi a fine 2018 in un’intervista per il canale web dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. In realtà non succede nulla, perché seppur nel 2006 supera anche l’esame di abilitazione, per lui il 2005 è l’anno in cui inizia a concretizzarsi — seppur a piccoli passi — la sua svolta politica, che è anche la sua svolta professionale che lo terrà lontano dall’ingegneria. Nello stesso anni infatti fonda il ‘Bundan Celtic Festival’, che da allora si tiene alla Rocca di Stellata con il contributo dell’associazione ‘Teuta Lingones’, anch’essa fondata da lui; viene candidato come consigliere alle elezioni regionali del 2005 (non verrà eletto per gli stessi concetti delle elezioni dell’anno precedente, politicamente non era ancora cambiato niente) e, soprattutto, inizia a collaborare con la Regione come consulente tecnico all’assemblea legislativa, nello staff dell’allora consigliere Roberto Corradi.

2009: L’elezione a sindaco di Bondeno e il sisma

Qui Fabbri inizia a farsi le ossa, e parecchio in fretta perché nel gennaio del 2006 diventa assessore a Bondeno, nominato proprio da Verri che gli delega lo sport, il tempo libero e le pratiche giovanili: è una carica che manterrà fino alla scadenza del mandato, nel 2009, quando dopo altre due dimenticabili campagne elettorali per la Camera nel 2006 e nel 2009 ottiene il consenso per essere candidato a sindaco e vince con le acrobazie. Sfoggia un codino e un abbigliamento casual, al primo turno passa da capofila con il 46.1% racimolato dalla sua coalizione contro il Pd trainato da Patrizia Micai che si ferma quattro punti e mezzo sotto anche se di fatto corre da solo. Non solo, la Lega fa segnare il 22.5% superando anche il Pdl staccato di tre punti. Al secondo turno sfiora il 57%, diventa il primo sindaco leghista dell’Emilia-Romagna e a 30 anni diventa il golden boy del partito nel centro-nord venendo al contempo eletto anche consigliere provinciale nell’ultima legislatura ad elezione diretta dei cittadini.

Il 20 maggio del 2012 arriva la prima scossa di terremoto che colpisce pesantemente Bondeno. “Ero in casa, stavo dormendo”, ricorderà poi. Non stava dormendo, ma navigando su internet, quando invece sentì la foreshock dell’una e spiccioli e pensò che fortunatamente Bondeno non era stata coinvolta. “Sono rimasto in piedi tre giorni di fila, il primo giorno ospitammo 1800 persone grazie alla protezione civile regionale. Alle sei è arrivata la telefonata per il ritrovamento di una vittima: era crollata l’Ursa. Cosa fa un sindaco in quei casi? Si fa consigliare”. La ferita del sisma caratterizzerà fortemente l’attività politica di Fabbri, che velocizza disperatamente le pratiche di ricostruzione mentre si batte apertamente contro la burocrazia regionale. Ed è proprio anche per la gestione della fase post-terremoto che ottiene percentuali plebiscitarie che gli consegnano la rielezione a sindaco nel 2014: sfiora il 65%, solo la Lega e la sua lista civica combinate fanno il 40. Non prima però di arrivare alle cronache nazionali, nel 2013, per una boutade sui centri islamici: “Qui non c’è spazio per i prossimi 30 anni”, disse in un’intervista, “non si faranno moschee né centri islamici”. Repubblica rilanciò la storia, si andò avanti a parlarne per una settimana.

La candidatura alle Regionali del 2014

Nemmeno sei mesi però e cambia tutto: Errani si dimette da presidente della Regione dopo l’esplosione della vicenda Terremerse, in anticipo sulla scadenza di mandato, e lui viene scelto come candidato della coalizione di centrodestra per le elezioni regionali. La dimensione più ampia di queste elezioni gli permette di sbrigliarsi un po’ e divergere dalle tematiche puramente comunali, e qui forse per la prima volta si iniziano ad apprezzare chiaramente le idee di Fabbri. Per prima cosa però Berlusconi gli chiede di tagliarsi barba e codino, ma concede che “è un bravo ragazzo”. Impressioni condivise anche dai suoi concittadini, che alla stampa non fanno filtrare altro che lodi e negando le ipotesi di ‘tradimento’ nei confronti del territorio matildeo, con i giornalisti che a un certo punto si trovano a chiedere direttamente ‘ma difetti ne ha?’, e ne trovano solamente intervistando i capi dell’opposizione.

Fabbri parte quindi a spron battuto. Nelle sue campagne per il web mostra un profilo da politico pop e prende in prestito la locandina di Mission Impossible: solo che al posto di Tom Cruise c’è la sua sagoma in bianco e nero e la missione impossibile diventa ‘Mission Possile’. E mentre dice di voler “liberare l’Emilia-Romagna dalle catene del Pd”, nemmeno sei mesi dopo il 40% alle Europee di Renzi, incassa il sostegno di diversi gruppi di terremotati che lo vedono come un liberatore, specialmente nel finalese.

La campagna elettorale comunque la fa per certi versi da rottamatore dei rottamatori. Vuole dieci consiglieri regionali in meno, azzarda che oggi (era il 2014) Peppone sarebbe leghista, difende un video ironico di uno dei suoi candidati al consiglio che suggeriva di “noleggiare un immigrato per poi lasciarlo a pane e acqua” perché “il vero scandalo è il governo che affama i terremotati, invece di scandalizzarsi per un video chiaramente ironico Renzi venga nei comuni del cratere, a vedere quante vittime del sisma avrebbero bisogno di quei 1.200 euro al mese che lui regala ai clandestini”. Disse anche che era stato ‘preso di mira’ dagli immigrati, e i Carabinieri si prodigavano nel fare qualche giro di controllo in più sotto casa sua. I Carabinieri smentirono: erano solo controlli di routine per un personaggio diventato pubblico come lui.

In Regione con il 29.85%, e la band

Alla fine non la spunta, non la poteva spuntare. Nonostante tutta la serata passata al bar ‘dal Mister’ di Scortichino, il suo amuleto portafortuna dove passa ogni spoglio e dove aveva anche suonato il basso con la sua folk band — ‘I Nausicaa’ — che riarrangia brani di De Andrè e però spazia fino agli U2. Nonostante, prima della sua performance, avesse suonato Alberto Morselli di Modena City Ramblers.

In quell’occasione ha ancora la felpa, sopra c’era scritto ‘Scortichino’ con la zip a dividere il nome della frazione in due. A un certo punto della serata finisce anche davanti a Bonaccini, l’attuale governatore, ma dura un attimo. Attimo che però basta a caricare tutti per un risultato che sarà più che buono specialmente nel cratere del sisma e nelle aree costiere economicamente depresse. “Si apre un fronte anche nel centrosinistra perché mette sotto i riflettori una politica che non ha entusiasmato”, dirà lui.

Non fa in tempo a venire eletto e viene ospitato a Ballarò, lì per la prima volta disse una frase che verrà ripresa — da lui e da altri — diverse volte nel corso del tempo: “Uno che ha un’azienda e ha il 60% di tasse è un eroe se evade”. Era il pieno della crisi, ora il messaggio è un po’ smorzato, e a ottobre davanti alle associazioni di categoria gli imprenditori che evadono sono diventati eroi solamente se lo fanno per pagare i dipendenti. La sostanza, comunque, è chiara.

Un aneddoto curioso arriva poi nel novembre del 2015: fa un’esibizione con la sua band, sempre quella, al Mariani Lifestyle di Ravenna. Per qualche ragione è la prima volta che i suoi avversari notano la cosa, e il capogruppo Pd Stefano Caliandro gli fece norare con una nota stampa che De Andrè, il Faber “ha dedicato agli ultimi e agli esclusi contro ideologie politiche e religiose e contro ogni guerra”. “Sono felice di sapere che Alan Fabbri, collega esponente di un partito che incita alle guerre di religione contro chi vorrebbe privarci del presepe e dei crocefissi, sia un amante di De Andrè, abbiamo una cosa in comune”, aggiunse. Fabbri rispose con un’intervista ai giornali locali del ravennate: “Suono da quando ho 15 anni”, rivelò, “e sono grande amico di Alberto Morselli, ma quando si parla di musica la politica non c’entra. Un conto è cantare, un altro fare politica. E noi della Lega non ce l’abbiamo con i profughi, ce l’abbiamo con il sistema che ci gira attorno”.

Dalla Regione a Ferrara

Il resto è storia. Dai banchi del consiglio regionale Fabbri si fa vivo con i comunicati stampa a cadenza quasi quotidiana, mentre torna sul territorio spesso ma con più frequenza durante il periodo elettorale dove si prodiga per lanciare i suoi candidati, e a Vigarano nel 2016 (dove il candidato era Davide Bergamini, interno alla Lega) porta addirittura Salvini in persona. Non solo: scegliendo la Regione, per via dell’incompatibilità tra le cariche a Bondeno si torna a votare. Vincerà il suo prescelto, Fabio Bergamini, ma lui pur di non perdere la sua città viene rieletto tra i banchi del consiglio comunale del quale diventerà poi presidente.

Nel frattempo nasce e cresce il sodalizio con ‘Naomo’, al secolo Nicola Lodi, che avvia una campagna aggressiva sui fronti di sicurezza e immigrazione di cui diventerà a breve responsabile provinciale del partito. E così ‘Naomo’ va in Gad e fuori, e Fabbri fu uno dei primi a dargli supporto e agibiltà politica quando mise in seria difficoltà il sistema di accoglienza voluto da Renzi organizzando al volo le barricate di Gorino che in un attimo diventarono caso nazionale come le ‘rivolte’ della scorsa settimana in zona grattacielo.

Arriva il 4 marzo, la Lega fa il poker, si inizia a pensare a un possibile candidato per le elezioni dell’anno dopo. ‘Fabbri, sarà lei?’, gli chiese proprio questo giornale all’alba di un mondo politicamente nuovo. Rise, prima di rispondere che “a suo tempo sceglieremo la persona giusta in base alle caratteristiche scelte dalla coalizione”. Alla fine, la coalizione ha scelto proprio lui.

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