Da tempo è di moda parlare dei crimini compiuti dalle truppe italiane d’occupazione nella seconda guerra mondiale, giustificando l'”infoibamento” degli Italiani da parte dei titini, che si sarebbero semplicemente vendicati della condotta dei nostri militari nelle operazioni di guerra.
A parte il fatto che gli jugoslavi avrebbero dovuto ringraziare i nostri soldati perchè furono aiutati e sostenuti dalla Divisione italiana “Garibaldi” (una formazione che si costituì il 2 dicembre 1943, nelle campagne di Pljevlja in Montenegro, con la volontaria adesione dei militari del Regio Esercito Italiano appartenenti alla 19ª Divisione fanteria “Venezia”, alla 1ª Divisione alpina “Taurinense”, al Gruppo artiglieria alpina “Aosta” e ai superstiti della 155ª Divisione fanteria “Emilia”), molti non hanno capito che il disegno politico di Tito prescindeva completamente dagli episodi di violenza, veri o presunti, imputabili alle nostre truppe che peraltro, nel panorama europeo, non si comportarono certamente peggio degli altri eserciti. Diversamente qualcuno dovrebbe spiegare come mai, durante la ritirata di Russia, la popolazione civile aiutò e a volte salvò i nostri alpini e come mai, in Francia, gli ebrei cercavano in tutti i modi di entrare nella zona controllata dagli Italiani.
Il punto nodale fu costituito dal disegno politico di Tito, come disse nel 2007 Giorgio Napolitano, che definì i massacri delle foibe «un moto di odio e di furia sanguinaria e parlò di “un disegno annessionistico slavo”, il quale assunse le caratteristiche di «un imperdonabile orrore dell’umanità”. Orrore che travolse anche gli antifascisti che si opponnevano al disegno politico di Tito.
Come si può cercare di giustificare “un orrore dell’umanità”? Qualcuno crede forse che i titini avrebbero tenuto una condotta differente se le nostre truppe si fossero comportate in maniera diversa?
Come ha rivelato Milovan Gilas, già braccio destro di Tito, in un’intervista a “Panorama” del 1991, bisognava cacciare gli Italiani, con tutti i mezzi. Punto e basta.
In una recente trasmissione condotta da Paolo Mieli (su “Rai Storia”) si è parlato anche di Goli Otok (l'”isola calva”) dove furono imprigionati e torturati migliaia di comunisti dissidenti, fra i quali numerosi operai di Monfalcone che rifiutarono di abbracciare il “titoismo” dopo che il dittatore jugoslavo fu messo all’indice da Stalin e dal P.C.I. che ne osservava rigorosamente le direttive.
Anche gli orrori di Goli Otok sono imputabili al comportamento delle nostre truppe?
Giorgio Fabbri