Attualità
16 Gennaio 2019
Lectio dello chef ferrarese: "Non creiamo niente, il nostro unico compito è quello di non rovinare le materie prime. Dobbiamo smettere di mangiare schifezze ed essere più patriottici"

Da Masterchef al Carducci: Simone Finetti racconta i suoi “Heroes”

di Redazione | 4 min

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Presenta il libro in uscita a breve — ‘Heroes’ —, che si chiama come il prodotto tv che, annuncia, avrebbe ricevuto l’approvazione della Marvel; difende la filiera di produzione italiana mentre a difesa del buon cibo riflette ad alta voce sulla produzione industriale; parla di alchimia, di amore per gli altri espresso nella cucina, di emozioni, di eroismi moderni e di pigrizia. È poliedrico davanti a una settantina di studenti del progetto ‘Biologia e Ambiente’ del liceo Carducci il finalista argentano di Masterchef All Stars Simone Finetti che in un attimo, senza alcuna guida, cattura la scena all’auditorium lanciandosi con una lectio magistralis che scivola in veloce mentre a volte sembra che stia per lanciare una candidatura.

“L’alta cucina non è nata in Italia, ma in Francia, però noi abbiamo 354 presidi Slow Food mentre loro appena cinquanta. Questo ci dice che siamo un popolo di artisti”, esordisce nel suo primo flusso di pensiero che in un attimo lo porta alla passione per la cucina: “Non cuciniamo per noi stessi, ma per dare piacere agli altri, ecco perché siamo arrabbiati se le cose non vengono allo stesso modo: se siamo distratti pensiamo ad altro e commettiamo errori”.

“Certo – aggiunge – se poi andiamo al giapponese a mangiare il sushi, in posti gestiti da cinesi dove si mangia con 16 euro, quando per quello vero ne servono cento, bisogna farsi delle domande, bisogna approfondire. Noi non creiamo niente, il nostro unico compito è quello di non rovinare le materie prime”. Nonostante questo però “continuiamo a mangiare schifezze”, perché “facciamo i pigroni: per cucinare un uovo alla coque servono tre minuti, la media di tempo passata su Facebook a farci i fatti degli altri è di un’ora e mezzo. Non siamo davvero così impegnati, abbiamo la percezione dell’impegno”.

Tutto questo, secondo il cuoco appena uscito dal talent, favorisce il consumo di prodotti industriali, dalle dispense del supermercato ai pasti precotti, creando una distorsione importante: “Nella filiera produttiva solo due persone la prendono nel didietro e non dovrebbero: i primi sono i contadini che si fanno un mazzo così e l’unico modo che hanno per guadagnare è raccogliere prodotti ancora acerbi e poi farli maturare nelle celle per venderli dall’altra parte del mondo o in altre stagioni; i secondi sono i consumatori finali che si trovano un prodotto non buono che sa di acqua”. “Davvero”, è la provocazione agli studenti, “in primavera mettevi le scarpe e andate a fregare una ciliegia in campagna, quel gusto lì rimane impresso per tutta la vita”. “Dobbiamo svegliarci perché queste persone non hanno fatto un percorso di vita declinato così: a McDonald’s non interessa se vi emozionate mentre mangiate un hamburger, lo fanno perché devono guadagnare spendendo il meno possibile sulla materie prime, e questo ha rovinato il mercato italiano. L’industria deve capire che ci sono prodotti che non possiamo permetterci di far diventare industriali. Maria de Filippi ha capito per esempio che fare audience deve far piangere la gente, voi stessi non guardate Masterchef perché siete interessati ai miei piatti, ma a Bastianich che ce li rompe in testa. Dobbiamo essere più patriottici, più nazionalisti”.

A queste scoperte, Finetti ci è arrivato col suo particolare percorso di vita che riassume in tre aneddoti: quando la nonna usava il matterello sia sulla pasta che su di lui, di quando insoddisfatto dalle merende alle superiori cominciò prima a portarsi il panino da casa e poi a grigliare direttamente la salsiccia a scuola durante la ricreazione su una griglia elettrica — “mi hanno sospeso 2 giorni, ho ancora la nota, e arrivò anche l’Asl a fare le verifiche” —, o di quando si è tatuato il ragù sul braccio — “è un’alchimia, sono emozioni che dovrebbero essere raccontate ai figli. Pensate che sfiga ai nipoti che si troveranno le nonne vegane”, scherza.

È questo percorso che lo ha portato a ‘Heroes’, ovvero un racconto degli “eroi moderni” declinati alla cucina, che vanno dagli allevatori toscani che preparano le zuppe per i loro maiali, i produttori artigianali di mortadella — “dietro alla quale ci sono più leggende che dietro al Signore degli Anelli” — o di olio poi premiati dopo appena due anni di produzione limitata, passando anche per i semplici fornai “che fanno una vita faticosa conoscono tutte le farine”. Questo perché “se non comprendiamo il lavoro che c’è dietro a queste figure rischiamo di perderle. Dietro a un grande prodotto non c’è molta tenica, e allora mi sono chiesto cosa ci fosse dietro ai prodotti meno conosciuti e di raccontare le storie di queste persone in un libro perché trovo giusto difenderle”. ‘Heroes’, poi “è stato approvato da un’miportante casa editrice, la Marvel, che è la stessa che fa gli Avengers. Se tutto va bene lo gireremo tutto fumettato”, racconta Finetti che poi mostra il trailer agli studenti nel quale ogni volta che apre una valigetta in stile Jumanji entra in un mondo a parte, diverso ogni volta: il mondo degli ‘eroi’ che ha deciso di raccontare.

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